Nella “diplomatica” del Conte…
Trattasi di un Coupé costruito circa nel 1830 a Torino da E. Emanuelli, firma che ritorna sui copri-mozzi delle ruote con 12 raggi per il treno anteriore e 14 sulle posteriori, filettate in bordeaux sui gavelli. La cassa è sorretta da balestre a “C”, cinghie di sostegno con verricello di tensione e cinghie di oscillazione sottostanti. La serpa è sostenuta da sei sculture lignee rievocanti le corinzie foglie di acanto. La cassa è di colore nero e sulla sommità dei pannelli laterali spicca un ornato di tre stemmi in argento con le insegne del casato.
Nella parte centrale delle portiere è presente il grande stemma nobiliare circondato dal Collare dell’Annunziata, la massima onorificenza concessa da Casa Savoia, sormontato da una corona che stimola la nostra curiosità. Infatti la dr.ssa Monika Szemberg del Museo del Risorgimento, che mi accompagna, fa notare come l’ornamento araldico, qui dipinto, sia una corona marchesale opportuna sì per la famiglia Benso, marchesi di Cavour, benché a Camillo secondogenito, ramo cadetto, spettasse in realtà l’inferiore titolo di conte.
Resta irrisolta la piccante indiscrezione: fu un errore voluto quale improprio sfoggio di potere? O forse la carrozza era stata acquistata dal fratello maggiore Gustavo Benso, VI marchese di Cavour…e poi utilizzata dal ministro Camillo? Ahimè… impossibile per noi oggi risolvere l’arcano! Un’altra insolita particolarità impreziosisce la ferramenta: accanto alla pregiata maniglia in argento cesellato della portiera è posta una placchetta metallica rettangolare e basculante in senso verticale per coprire e proteggere la toppa della serratura.
La Berlina, inserita nella sala di Palazzo Carignano in cui sono raccolti i cimeli del Conte, è presentata accanto all’uniforme indossata dal Cavour durante l’incontro di Plombières ed il Congresso di Parigi (fig.4); essa è corredata dallo spadino, dalla feluca con piume di struzzo, porta al petto la placca e di traverso la fascia dell’Ordine Mauriziano, ed è simbolo dell’azione diplomatica dello Statista piemontese.
La carrozza medesima viene così detta “diplomatica”, e in fondo l’arte del grande politico non si svolse soltanto durante gli incontri formali di Stato, quanto soprattutto, sommessamente, ai tavoli dei Caffè, nel segreto delle alcove, nel nascosto “reservoir” della sua carrozza. Qui, alla bisogna, il grande vetro anteriore come pure i due finestrini delle portiere erano oscurabili mediante una persianetta a listelli lignei retraibili, creando un ambiente protetto almeno quanto un baldacchino a tendaggi serrati. Sostando innanzi alla carrozza, nel silenzio del Museo completamente vuoto, rivedo la medesima fermarsi nella piazza sottostante, innanzi al Caffè del Cambio, dove Camillo ha un suo tavolino sempre riservato.
Il lacchè apre la porta ed egli monta in vettura accompagnato da un uomo: è Costantino Nigra, già Ministro degli Esteri ed ambasciatore a Parigi. Nel vano riparato e confidenziale del Coupé’, come fosse un confessionale, i due politici progettano la missione segreta del Nigra a Plombières, dove si vuole ottenere l’appoggio di Napoleone III allo Stato di Sardegna ed intraprendere la Guerra d’Indipendenza contro l’Impero Austro-Ungarico.
Di ritorno dalla missione il diplomatico scriverà a Vittorio Emanuele II: “L’Imperatore domanda che cosa otterrebbe la Francia, e se V.M. cederebbe la Savoia e la Contea di Nizza. Io risposi che V.M. comprendeva che la Savoia dovesse essere unita alla Francia (…) per quanto gli dolesse rinunciare ad una terra che era stata la culla della sua famiglia…” E, se poi non è sufficiente la geopolitica, ecco che Camillo Benso si fa segretamente condurre in carrozza dalla propria cugina, la bellissima ed avvenente Contessa di Castiglione, che la stampa satirica e piccante dell’epoca definisce “la vulva d’oro di Francia”, perché sappia lei infine essere incisiva, concedendosi a Napoleone III, perché questi deliberi l’appoggio di 300.000 soldati francesi all’Italia.
Qualche volta, infine, la “diplomatica” raggiunge di notte, celatamente, la collina di Torino, dove il Conte Cavour incontra galantemente una ex ballerina prussiana del Teatro Regio, tale Bianca Ronzani, cui Camillo ha regalato un magnifico villino e dove trascorrono momenti di tenerezza e amore lontani dai doveri dall’etichetta politica. L’ultimo incontro di Cavour con la sua amante avviene la notte del 29 maggio 1861: egli si trattiene con Bianca per pochissimo tempo e rientra sulla vettura infuriato, dopo un probabile violento litigio, e gettando in terra una coppa alla quale aveva appoggiato le labbra, come avrà a testimoniare il suo cocchiere cui il politico ordina, di ricondurlo a palazzo, mentre distrutto si confida: “Ho così molte difficoltà, immense, terribili! Mi sento all’improvviso così afflitto da una vecchiaia prematura, cagionata da dolori morali d’impareggiabile amarezza!”. Sarà l’ultimo viaggio su questa carrozza del Conte Camillo Benso di Cavour.
La mattina del 6 giugno il grande tessitore della storia patria si dibatte nel letto vaneggiando angosciato: “Ho l’Italia sulle braccia, il tempo è prezioso!” Quindi si confessa, riceve la Comunione e a Frate Giacomo da Poirino che gl’impartisce l’estrema unzione lascia le sue ultime parole. “Libera Chiesa in libero Stato”. Sono le 7,05 ed il medico dichiara il decesso e la sua causa sibillina: “Infiammazione alla base del cervello, prodotta da afflussi di sangue alla testa.” La morte è tuttora un giallo: chi sospetta un avvelenamento, chi la malaria mai o mal curata. Di fatto già all’epoca l’ambasciatore britannico Hudson scriveva alla Regina Vittoria: “Sarebbe più veritiero dire che egli è stato condotto a morte dai suoi medici.” La risposta al mistero…forse aleggia ancora nel coupé, dietro il grande vetro molato, nella penombra del Museo, dietro alla persianetta socchiusa dove, seduto sul damascato avorio, ci sembra di ancora vedere e sentire il Conte.