Cosa c’entrano: sarebbero tutti prodotti di primo piano del made in Italy. Ma spesso ce ne dimentichiamo…
Gli americani, anche questa volta, hanno inventato tutto loro. Secondo quanto apparso in un recente articolo su una rivista di settore, una delle intervistate, la fuoriclasse Beezie Madden, allieva di George Morris, parla di stile classico americano, che si identifica nella monta in assetto leggero e in avanti. Fermi tutti…
Ma George Morris non è stato quel grandissimo istruttore che per una vita intera ha elogiato il metodo caprilliano, mutuandolo in tutti i suoi aspetti e affiancandolo al fondamentare principio delle categorie a giudizio (hunter e equitation)? E cosa avrà mai trasmesso alla sua allie- va Madden se non ciò che riteneva il meglio?
Dopo di che, la stima pro Caprilli del maestro americano, passando attraverso una sola generazione è diventato sti- le americano. Accidenti.
Per naturalizzare un cristiano in America ci vuole di più. Il metodo di Caprilli si è rivelato efficace, forse anche inaspettatamente, nel momento in cui Caprilli ha dovuto semplificare per la truppa, raggiungendo così anche involontariamente una maggiore naturalezza del sistema.
Gli americani, favolosi fuoriclasse in salto ostacoli, dressage, completo, reining e chissà in quante altre discipline ancora, sono dei veri fuoriclasse di un’altra disciplina un po’ meno equestre: il marketing.
Loro, contrariamente a noi, sono abilissimi a rivenderci indietro cio che è già no stro facendolo invece passare per loro.
Con il loro pragmatismo hanno immediatamete fatto proprio il metodo italiano, senza mai più abbandonarlo. Ma forse, il vero problema, non sono gli americani (visto oltretutto che loro vincono e noi meno).
Forse, il nocciolo della questione siamo proprio noi. Non abbiamo una profondità storica, non sappiamo apprezzane le nostre radici, non siamo in grado di portare avanti un`eredità e una cultura equestre che ci invidiano in tutto il mondo e che in tutto il mondo ha creato campioni su campioni.
Tolti un paio di tedeschi della vecchia scuola e qualche olandese e inglese un po’ “country”, il resto dei cavalieri che conta monta in assetto leggero e in avanti, con cavalli più finì e insanguati.
E noi? Noi chiamiano Nooren e Mandi perché ci ri-insegnino un altro metodo. Un olandese (chapeau per quanto ha sempre dimostrato di valere) e un ungherese che devono fare dei nostri istruttori e tecnici dei “discepoli” per promuovere il Verbo.
Tralasciando ovviamente il risvolto mistico-religioso – decisamente blasfemo in questo contesto – sarebbe opportuno concentrarci sul merito. Non abbiamo lasciato neppure raffreddare il centenario della morte di Caprilli che gia gli stiamo camminando sulla fossa…
Abbiamo tecnici e istruttori che portano gli allievi sui podi continentali più ambiti ma adesso chiediamo loro di “rifondare” il proprio metodo e la propria didattica e diventare discepoli.
Un approccio intelligente, in qualsiasi ambito, prevede che si ascolti tutto da tutti per trarne una formazione quanto più allargata possibile: niente a che vedere con dottrine e discepoli. E per quanto ci riguarda, vediamo finalmente di imparare a vendere nel mondo i nostri vini, i nostri formaggi e la nostra equitazione.
Fondatore, insieme a sua moglie Michelle Garavini, della BHS (British Horse Society), una Charity (strutturata in modo simile a una nostra Onlus) che si occupa di formazione: è la più grossa organizzazione al mondo in fatto di formazione equestre. BHS è delegata dalla Federazione britannica, la BEF, di occuparsi di formazione e qualifiche professionali.