Quando ho sentito di un’associazione che promuoveva un’equitazione sentimentale mi sono detto che forse c’era qualcosa di interessante da scoprire. Avvicinandomi quindi alla SIAEC ho scoperto anche l’attenzione alla trattatistica storica ed allora ho capito che era il posto giusto.
Questi due punti sono infatti due elementi importanti della mia ricerca personale, che si è successivamente trasformata in un progetto che porta il nome di Helicona.
Helicona Project cerca, educa, e si esibisce, tra il passato e il presente, tra l’emotivo e il razionale.
Ma i cavalli sono arrivati dopo: prima di tutto è la musica. E per dire cosa c’entrano i cavalli con la musica devo fare qualche passo indietro.
Da diversi anni, nello studiare, eseguire e insegnare la musica del Rinascimento e del Barocco, periodi sui quali sono specializzato, abbiamo postulato come altri aspetti della vita possano aver influenzato un musicista nei secoli passati. Il modello educativo di un musicista dell’epoca rinascimentale e del primo barocco, era fondato su un’estetica umanistica; era quindi un modello in cui una persona costruiva sé stesso grazie alla conoscenza di varie arti, acquisendo abilità per esempio nel campo della poesia, nella musica e nel canto, nella danza, nella scherma, nel teatro ed ovviamente nell’equitazione. Un’educazione così ampia permetteva ad ogni arte di fornire nutrimento e reciproca ispirazione creativa. Tuttavia, cosa più importante, questo modello permetteva ad ogni persona di vivere e respirare l’esperienza fisica ed emotiva di varie discipline in una sola vita, e di arricchire le proprie risorse di una mappa cognitiva di sé stessi e del mondo molto più variegata. Al contrario, il modello così specialistico che il mondo odierno propone, manca, a torto o a ragione, di una visione trasversale.
Investigare nel Rinascimento e Barocco è anche l’occasione di capire come l’esperienza fisica ed emotiva di quell’epoca ha definito i codici espressivi che sono ancora oggi riconosciuti validi. Per chiarire questo concetto pensate alle andature del cavallo: Pasquale Caracciolo, ne La Gloria del Cavallo, prima edizione nel 1566, descrive, paragonandole alla musica, le andature del cavallo:
“[…] fa naturalmente con una certa ordinaria misura, & sovente ancora con proportione di Dupla, è di Tripla, è vero di Quadrupla, & alcuna volta di Sesquialtera, che pare ad ogni contemplante maravigliosa osservando i termini de la musica, i quali si come di misura son differenti, altri essendo stretti, & veloci, & altri larghi e tardi, & altri mediocri, e temperati, cosi differentemente nei moti del cavallo si vengono ad usare.Percioche andando di passo si serva la misura generale detta del Semicircolo, dando una Semibreve intera, o partita in due Minime, per ciascuna battuta, si veggiono in esso passo le gambe dinanzi del Cavallo far il tempo di due Minime, incominciando con la destra, e finendo con la sinistra; e somigliantemente quelle di dietro.
Nel Portante dei cavalli, e parimente nella Traina si fa la Proportione Tripla, anzi tal uolta per la velocità dei piedi si potrebbe chiamare più tosto Sestupla.
Altri servono la sopradetta misura ordinaria dela semibreve, facendo coi quattro piedi il tempo di quattro semiminime in un istante.Nel trotto si serva la misura dal Binario, dando una brieve per ciascun tempo dal principio in sino al fine; facendo un tempo di Semibreve con la destra; & un’altro con la sinistra; la qual misura per la sua gravità è giudicata dai Musici piu perfetta. Nel galoppo sano pur le misure Semicircolari con quella maggior, è minor velocità, che a l’attitudine del cavallo (come di sopra si è ricordato) par, che convenga; servandosi la debita proportione, secondo il tempo, che vi si tiene. Ma certamente quando vogliamo, che’l Galoppo si faccia raccolto, e con bell’aria agruppato, ci serviremo di quel tempo, che fanno in Tripla due Minime appresso ad un sospiro (se pur avvalerci di mezi sospiri, e di Semiminime non possiamo) aiutando il cavallo non pur con la voce corrispondente, ma con la polpa ancor de la gamba stretta a la pancia: […]”[1]
Il rendersi conto che l’andatura del cavallo aveva certe caratteristiche, ha portato a definire il codice espressivo, ha inquadrato il sapere e lo ha organizzato; questo processo è accaduto per diverse discipline, magari in una finestra di tempo non sempre stretta, ma tendenzialmente in quel lasso di tempo che vede il passaggio del testimone tra il pensiero Analogico antico e il pensiero Analitico della rivoluzione Scientifica del ‘600.
La domanda conseguente alla postulazione iniziale è quindi: come potrebbero l’esperienza e la pratica di altre arti e discipline influenzare un musicista oggi? Come potrebbe l’esperienza fisica di altre discipline definire e alterare il processo del fare musica[2]?
Con il concetto di “fare musica” ci riferiamo qui al complesso intreccio di azioni che permettono alla musica di raggiungere il suo scopo, in linea con l’Arte Oratoria: Movere, Docere, Delectare, come dicevano i classici della Retorica.
Si tratta di un processo che interseca le hard skills, con le softs skills, come vengono chiamate nei moderni modelli di managment; con questi termini intendiamo fare riferimento alla abilità di mettere insieme la padronanza di suonare uno strumento con la capacità di comunicare col pubblico, di fare un buon lavoro di squadra, alla capacità di reagire ai cambi di tempo e gli imprevisti del momento, e così via. L’allenamento all’improvvisazione musicale abbraccia in maniera molto esaustiva questo sistema di fare musica, perché incarna insieme l’azione fatta sul momento e la capacità di mettere in ordine le informazioni per essere efficaci: l’istinto e la ragione. Per questo motivo l’improvvisazione è il terzo, e il più importante, tra i punti cardine della nostra proposta.
Dal 2015, abbiamo sviluppato un Metodo, sperimentando e facendo convivere diverse arti tra loro, tra cui la scherma, la danza, il canto e la commedia dell’arte, mentre facciamo musica. Incarniamo questo arcobaleno di input creativi come performer ma anche con e per i nostri studenti. Era solo una questione di tempo prima che i cavalli e la loro posizione unica nella società, sia nel passato che nel presente, diventassero un focus specifico della nostra ricerca.
La ricerca musicologica e artistica oggi abbraccia argomenti extra-musicali che esaminano e discutono la musica all’interno di specifici contesti politici, economici e culturali. Quindi, il nostro nuovo punto di partenza è quello di indagare il legame tra cavalli, cavalieri e musica, per arrivare a una performance collaborativa delle due discipline.
La ricerca in questo settore ci ha sorpreso ponendoci di fronte un mondo in cui le prospettive sono opposte a quelle che stiamo cercando oggi: se noi oggi cerchiamo di aumentare le nostre capacità con l’aiuto del cavallo, all’epoca utilizzavano la musica per dare chiarezza, ordine, armonia, alle altre discipline. Infatti i trattati storici di equitazione affermano per esempio che:
“[…] perche bisògna che al vostro corpo con la schena vadi giusto, & li sia corrispondente, & ordinato, con non meno concordantia, che se fusse musica.”[3]
“il cavallo animale di mirabile senso, che mirabilmènte prende diletto della musica, e se ne muoue
Lo dasi medesimamente la cognition della Musica, non già per sonare, e per cantare […] ma per imparare con la consonanza, e disonanza de’ numeri la conoscenza del buono, e del bello.”[4]
oppure
“Il n’y a Personne qui puisse estre bon Homme de Cheval, s’il n’ayme l’Harmonie, parce que tous les Chevaux vont, en un certain Temps, (comme on bat la Mesure en Musique) quoy qu’il soit bien different, les uns allant viste, & les autres lentement:”[5]
e ancora
“…ie puis asseurer qu’il est fort malaisé que ce-luy qui ne peut gouster ny comprendre l’harmonie, l’air, la mesure de la musique, & consequemment des instrumens & de la dance, puisse iamais bien entendre les airs & proportions de nos escoles.”[6]
Nel 1594, Antoine de Pluvinel aprì la sua Academie d’Equitation a Parigi, dove il programma educativo era “una specie di palestra classica”[7].
L’esercizio fisico e l’allenamento erano combinati con le nobili arti della danza e della poesia. La musica era il fulcro che completava l’educazione degli studenti, sia nella mente che nell’anima. Ma era una strategia anche molto concreta, specialmente in politica e nell’arte militare: come già sosteneva Macchiavelli nell’Arte della Guerra, la musica guida la marcia dei soldati e gli dà ordine e forza, allena in tempo di pace il corpo ed è metodo di comunicazione in tempo di guerra.[8] Ogni soldato doveva imparare a suonare il liuto, in modo che la sua coordinazione fosse allenata, come scrive William di Cavendish nel 1671:
Et deplus, tout de mesme qu’il est impossible de joüer sur un Luth, si à l’instant qu’on met les Doigts de la Main gauche sur les Cordes, on ne touche les mesmes cordes de la Main droite; Auffi faut-il, en Montant à Cheval, fraper du Talon, ou du Gras de la Jambe, tout ce qu’on touche, ou Ayde de la Main; c’est pourquoy la Main & le Talon d’un bon Escuier vont tous-jours ensemble, comme sont les deux Mains d’un bon Joüeur de Luth.[9]
Questa era una risposta sistematica francese alle accademie napoletane attive già in tutto il XVI secolo.
Torneo e caroselli esistevano già dal Medioevo, ma nel XVII secolo il balletto equestre si affermò come una forma d’arte strutturata, dove sia la musica che i cavalli erano usati in spettacoli pubblici, spettacoli di grandeur come matrimoni reali o importanti celebrazioni politiche. Dice La Guérnière nel 1736:
Les récits, la musique, & la plûpart des machines qui servent à la pompe d’un Carousel, sont de l’invention des Italiens, qui ont toûjous recherché en toutes choses le fin de l’application, & qui ont excellé dans ce genre.
Les personnes des récits, & des machines, font comme des Acteurs de Théatre, qui représentent
diverses choses, selon le sujet; il y a aussi quelque fois des vers allégoriques en l’honneur de ceux pour qui l’on fait ces fêtes.
Les Musiciens sont employés aux concerts de voix & d’instrumens, & l’harmonie qu’on employe à ces fêtes, est de deux sortes; l’une militaire, c’est-à-dire, fiere & guerierre; l’autre douce & agréable.
La premiere est à la tête de chaque Quadrille, pour animer les Cavaliers, & pour annoncer leur venue, leur entrée dans la carriere, qu’on nomme Comparse, & leurs courses; l’autre ne sert qu’aux récits, aux machines & à la pompe.
Pour l’harmonie guerriere, on employe des trompettes, des tambours, des timbales, des hautbois, & des fifres. Pour celle qui accompagne les chars & les machines, ce font des violons, des flûtes, des musettes, des haut-bois, &c. On fait aussi au son de tous ces instrumens, des danses & des balets de Chevaux, comme nous l’expliquerons à l’Article de la Foule.[10]
La forma d’arte consisteva in una coreografia per una squadra di cavalli e una musica appositamente commissionata per l’evento. I cavalli che si esibivano, i cavalieri e i musicisti collaboravano insieme, fornendo un’arte singolare. Così scrive Santapaulina nel 1696:
Li Balletti sogliono dividersi in tre parti, la prima con aria vaga, e l’operazioni larghe, e facili; la feconda con un’aria grave, & i Cavalieri di passo movendosi tutti fare due, ò tre figure, le quali, come che si fanno di passo, si possono fare con gite difficili, come d’intrecci, e voltate strette, doppo di questa con aria più allegra, e più vaga, si fanno altre tre, o quattro figure, con operazioni un poco più difficili, e più vaghe, & in ultima, movendosi tutti in una volta, far qualche operazione vaga, e venire ad una gran parata, e di gran fronte, ò di mezza luna, ò di squadrone, come più parerà proprio à chi compone.
Doppo di che, fatta la musica fecondo l’invenzione, se ne sfileranno due, à due, dietro il carro, ò altra macchina, che è la Conduttiera, e così paseggiato il campo, salutando le Dame, se ne partiranno. Li saltatori, quando ve ne sia, perche in tutta la fetta è difficile possìno resistere a saltare, si possono introdure nell’ultima parte, come più allegra, è quella operazione ancora tempo, che si doverebbe far il piccolo ritornelo, che così fervono per far vedere la figura; se ne può introdurre uno, ò due, ò anche quattro, e fecondo le figure fargli operare in quei spazii d’effe; Nel qual caso bisogna, che il Compositore facci le figure in modo, che diano luogo ai Saltatori, che è quanto pare à me poter dire in questa materia.[11]
E ancora Caracciolo in due passi:
“Hora questi circoli, o giri, o torni, ove i cavalli ordinariamente si trottano, e galoppano, richiederebbono per ragiono di musica tanto di spatio, e circoito, che in due si potessero fare otto tempi di breve, si che ciascuno di essi venisse ad essere di otto semi brevi,che sarebbe una massima, la quale è la maggior figura, che sia nel la musica, cioè di quattro tempi del binario numero, che importeriano sedici passi del cavallo, otto con la destra, o altrettanti con la sinistra, a battuta di minima, o che sia di galoppo, o che sia di trotto. Ma perche sì fatti circoli, per esser un poco stretti, e conseguentemente alquanto ma lagevoli, non si possono dare se non a Cavalli di buon cuore, e ben disciplinati, e più tosto di trotto, che di galoppo (il qual ricerca maggiore spatio) per questo si potrebbono far piu grandi per la mità intera, si che ciascun di essi fosse di otto tempi del binario, che importarebbono trenta due passi del cavallo, cioè sedici con l’una, & altrettanti con l’altra mano.
E se per avventura il cavallo (massimamente quando è Polledro) havesse bisogno di circolo tuttavia piu Spatioso per galoppare, over’ essendo egli alla disciplina ben introdotto, gli fusse più utile il circolo piu stretto, per volteggiare, e per ristringerlo al maneggio, non si vieta, che voi non possiate a vostra posta crescerlo, o scemarlo; pur che sempre vi serviate del numero quadrinario; ciò è, che cosi nello allargare, come, nell’astringere d’essi circoli, gli facciate quattro passi (che è un tempo di Breue) più ò meno di quello, che eran prima, e secondo il detto numero quadrinario si devranno parimente regolare i moti del cavallo, ò ch’egli sia in giro affretto, che è il difficile, ò nel largo, che è il facile, o nel mediocre, che è il temperato; cosi nelle volte de’ torni, come ancora nei Repoloni.”
“Oltr’a questo per maneggiare tre, ò quattro maniere di cavalli insieme in uno circolo, si potrebbono dentro l’uno ben grande, stampare due, ò tre altri minori di spatio, a proportione, in quella guisa, che i Cosmografi dicono stare gli Elementi nella sfera del Mondo, oue l’Ethere, l’Aere, il Mare, e la Terra ordinatamente s’abbracciano, e si rinchiudono d’ogn’intorno: Nei quali circoli cosi doppiati, saria bello a riguardare, che volteggiandosi ogni cavallo in diverso moto, o in varie maniere (come a dire l’un di galoppo, l’altro di trotto, e l’altro di passo, hor da man destra, o hor dalla sinistra) venissero a far in un certo modo una musicale corrispondenza, & un vedere assai leggiadro, e vago per la varietà, e per la misura, che vi si vede.”[12]
Possiamo fermarci qui per ora. L’argomento che vi abbiamo descritto vuole per ora aprire una porta per sbirciare cosa si nasconde dietro a quel solido muro di conoscenze che qualche volta ci separa da un passato che è stato forse dimenticato. Le connessioni tra le due discipline non mancano, ed anzi possono ancora essere ampliate. Lasciando ulteriore spazio alla ricerca, l’obbiettivo ora è di lavorare su questa connessione.
Le attività svolte hanno evidenziato risultati analizzabili sotto diverse prospettive, sia per i musicisti coinvolti, che per i cavalieri che hanno avuto l’opportunità di lavorare con questo metodo. E sembra che anche al cavallo la musica piaccia. Il cancello è aperto per chi volesse sperimentare: a cavallo quindi!
Davide Monti
[1] Pasquale Caracciolo, La Gloria del Cavallo, Venezia 1567, 436-7
[2] Christopher Small, Musicking: The Meanings of Performing and Listening. Hanover 1998.
[3] Frederico Grisone Neapolitain, Ordini di Cavalcare, Venezia 1558
[4] Pasquale Caracciolo, La Gloria del Cavallo, Venezia 1589
[5] “Non c’è uomo, che possa essere un buon uomo di cavallo, che non ami l’Armonia [musicale], perché tutti i cavalli vanno ad un certo tempo, (come quando si batte la misura in Musica) le quali sono ben differenti, le une vanno veloci, e le altre lente:” William Cavendish, A New Method, and Extraordinary Invention to Dress Horses, London 1667, 296. Italiano: traduzione propria.
[6] “Posso quindi assicurare che è alquanto improbabile che colui che non può gustare né comprendere l’armonia, l’aria e la misura della musica, e di conseguenza gli strumenti e la danza, non possa mai capire bene le arie e le proporzioni delle nostre scuole “. Salomon de la Broue, Le Cavalerice françois, Paris 1602, 2 ed., 3., Italiano: traduzione propria.
[7] Karen Raber and Treva J. Tucker, The Culture of the Horse: Status, Discipline, and Identity in the Early Modern World, New York 2016, 199.
[8] Kate van Orden, Music, Discipline, and Arms in Early Modern France, Chicago 2005.
[9] “E inoltre, così come è impossibile suonare su un liuto, se nel momento in cui si mettono le dita della mano sinistra sulle corde, non si toccano le stesse corde con la mano destra; Così è necessario, quando si monta un cavallo, colpire con il tallone, o il grasso della gamba, tutto ciò che si tocca, con l’aiuto della mano; ecco perché la mano e il tallone di un buon scudiero vanno sempre insieme, come le due mani di un buon suonatore di liuto.” William di Cavendish, Methode nouvelle, 1671, p. 317. Italiano: traduzione propria.
[10] “Le storie, la musica e la maggior parte delle macchine che servono per la pompa di un Carosello, sono l’invenzione degli italiani, che hanno sempre cercato in tutte le cose il fine dell’applicazione, e che hanno eccelso in questo genere. Le persone delle storie, & delle macchine, fanno come gli attori del teatro, che rappresentano varie cose, secondo il soggetto; ci sono anche talvolta dei versi allegorici in onore di coloro per i quali si fanno queste feste. I musicisti sono impiegati in concerti di voci e strumenti, e l’armonia impiegata in queste feste è di due tipi: una militare, cioè fiera e bellicosa; l’altra dolce e piacevole. Il primo è a capo di ogni Quadriglia, per animare i Cavalieri, e per annunciare il loro arrivo, la loro entrata nella carrozza, che si chiama Comparse, e le loro corso; l’altro serve solo per le storie, le macchine e la pompa. Per la banda di guerra si usano trombe, tamburi, timpani, oboi e pifferi. Per quello che accompagna i carri e le macchine, si usano violini, flauti, musette, oboi, ecc. Al suono di tutti questi strumenti, si eseguono anche delle danze, come spiegheremo nell’articolo sulla Folla.” Francois de Robichon de la Guerniere, Ecole de Cavalerie, Parigi 1736 Italiano: traduzione propria.
[11] Nicola e Luigi Santapaulina, L’arte del cavallo, 1696
[12] Pasquale Caracciolo, La Gloria del Cavallo, Venezia 1589 436-7.