TRINITA’ DEI MONTI
Piace l’ostentazione di gradini
dall’alto in basso da una chiesa, a terra
da un obelisco degli egizi a Roma
dopo due balaustre bellavista
dal Pincio scende in gradinate
doppie, singole, trine, intervallate
delimitate da sedili ai lati
con scalini che sembranoondeggiare
ma delicati come i Vanvitelli
del Porto di Ripetta ormai scomparso
usate dai turisti spettatori
d’uno spettacol fra i più belli al mondo
o ingentiliti da maree di fiori
azzurri, rossi, bianchi in cascata
che inondati dal sol di primavera
fanno da sfondo a una barcaccia a filo
che pur di marmo naviga spiaggiata
e dividendo quella bella piazza
di capitale fatta dalla storia
che sa d’antico e di moderno insieme
con dogmi sacri e brand di eleganza
che pare un’oasi di ritrovo e incontri
delta di strade lunghe come fiumi
che mischiano negozio ed anche struscio
di amanti attratti da preziosi antichi
vissuti da poeti solo inglesi
li vedi da lassù come formiche.
Coi suoi gradini appare un pentagramma
su cui vergare note di bellezza
per una musica che non si sente
ma se ne avverte l’intima armonia
di una avvenenza frutto d’altri tempi,
e nella notte, illuminata a giorno,
con una luna, in alto, che la osserva
sembra un cammeo straordinario, inciso
s’una conchiglia che non muore mai
sul petto di una Roma ingioiellata.