TIBET, UN AMICO
E’ la mia prima volta nel maneggio.
La sua stazza mi mette soggezione
morello, castrone medio al garrese,
il brusca e striglia m’avvicina a lui
liscio e lucido il pelo, forte l’afrore
attrae il suo muso, respinge la mole,
non sai se avrai la forza di tenerlo
l’altezza dal suo dorso intimorisce
ma quando poi ci saremo capiti
anche senza lezioni, grande errore,
rischiando la caduta in ogni istante
solo una volta a spese delle ossa,
sarà natura piena e avventurosa
giovinezza, potenza, eccitazione
odori ed emozioni le più forti
velocità, paura e coraggio.
Quanto m’hai regalato tu o Tibet
in tanti anni che ho passato con te
sempre in solitario, nella Natura,
sul Monte Circeo e lungo i suoi laghi
e poi nella foresta planiziaria
tra i cinghiali, i funghi e tanti fiori
ruderi antichi mostrati da Gino
ed incontrando anche colombari
un di da Livia in una uscita insieme
con visite a quella fonte romana
per un caffè veloce alla staffa
o in riva al lago per farsi vedere
gustando il meglio della trasgressione
galoppando veloce sulla spiaggia
calpestando le onde fra i nitriti
sol dopo d’averla vinta contro i cani,
e nel bosco di notte con le torce
concluse infine con il barbecue,
seduti con amici sopra il fieno.
E quando Livia mi disse: “l’ho venduto
ora è a Napoli a tirare un calessino”
compresi che purtroppo era morto
e lei non voleva ne soffrissi.
Non ho perso un cavallo, ma un amico.
Un capitolo bello della vita.
Marco Biffani