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27 Luglio 2024

RIFLESSIONI SULL’EQUITAZIONE MODERNA: Perché ancora formazione?

Sono ormai dieci anni che S.I.A.E.C si
batte per la formazione in campo equestre
e senza dubbio molti si chiedono:
perché ancora formazione? Cosa c’è da
formare per quest’attività?




Con estremo piacere diamo spazio al pensiero di Giancarlo Mazzoleni, grande Maestro di equitazione venuto a mancare pochi anni fa. La sua scuola e i suoi scritti sono vivi più che mai e sempre attuali.



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Basta dare gambe, stringere le ginocchia, tirare la redine destra per andare a destra e la sinistra per andare a sinistra, e saltare qualche ostacolo; che altro serve sapere e conoscere per fungere da istruttore in un’attività sportiva in cui è poi il cavallo che fa tutto?
Ho sentito questo ragionamento centinaia di volte e, come in tante altre situazioni, anche qui sembra di lavorare contro muri di gomma, impenetrabili, insensibili, ostinatamente chiusi e condannati a perseverare
nell’ignoranza. Ci sono due elementi che ci danno il polso della situazione.

Il primo si basa sulla considerazione che dovrebbe essere seriamente
fatta sui risibili risultati agonistici in campo internazionale che le varie equipe italiane hanno raggranellato in questi anni. Il tanto sbandierato metodo di equitazione italiano, per alcuni il migliore in assoluto, sembra nondare risultati positivi. La motivazione addotta è la mancanza di “materiale” equino, il cui acquisto per altro ci è costato molto denaro, senza contare che i nostri allevatori producono soggetti di grande qualità.

Come mai dei puledri prodotti da allevatori italiani e comprati da addestratori tedeschi ottengono buoni risultati in Germania mentre
noi non riusciamo a portare nessuno deinostri soggetti a livello di prestazioni internazionali?



Come mai i pochi cavalieri che danno qualche
soddisfazione hanno trainer stranieri, per lo più tedeschi?


Se vogliamo trarne delle conclusioni dobbiamo ammettere che la capacità tecnica degli stranieri è di gran lunga più avanzata rispetto alla modestissima nostra, e ciò non è certo per esterofilia, ma semplicemente per condizione oggettiva, anche se un po’ mi disturba che la patria dell’equitazione sin dal Cinquecento sia oggi tra i fanalini di
coda, costretta tra l’ottusità di alcuni e il desiderio di potere di altri. Qualcuno mi potrà dire che non è affar mio visto che non partecipo all’agonismo, ma in ogni caso ci sono dati inconfutabili rispetto
ad altri parametri che squalificano i metodi e le tecniche di insegnamento che derivano da vecchi regolamenti militari, per altro non solo di modestissimo livello, ma anche del tutto obsolete.

La seconda considerazione riguarda il numero di cadute, il numero di incidenti, il numero di cavalli dismessi prematuramente e la percentuale di abbandoni dei neofiti (circa l’80%) nel primo anno, tutti elementi che
dovrebbero far pensare la Federazione.

Non esiste imprenditore che permetterebbe che il proprio marchio in franchising perdesse l’80% di clientela ogni anno. Temo purtroppo che, se non si troverà un’altra strada, abbandonando i canoni da caserma e recuperando la cultura equestre, ci penseranno assicurazioni e giudici a
far chiudere i maneggi e a decretare la fine dell’equitazione.



Ma che cosa ha prodotto tutto questo sfascio se non la mancanza di conoscenza e di professionalità, aiutate dalla facilità con cui si è proceduto a dare patenti di istruttore a chi non conosceva neppure l’abecedario dell’equitazione?


Ricordo bene, all’inizio degli anni ottanta, le patenti elargite dopo solo sette lunedì di corso. Come è possibile in qualche settimana fare un istruttore per una pratica che coinvolge due atleti, ciascuno con proprie caratteristiche motorie, quando per imparare ad insegnare il tango, certamente più facile e meno pericoloso dell’equitazione, ci vogliono anni?

Come si è potuto far passare di grado con delle sanatorie gli istruttori per garantire loro la qualifica europea e qualificare un istruttore sulla base di qualche salto ostacolo e della conoscenza dei regolamenti?

Come è possibile negare l’apprendimento della tecnica equestre, tramandata da centinaia di maestri d’arte, a chi sarà poi deputato a trasmettere conoscenze agli allievi?

In tutto il mondo, sulla base delle conoscenze del passato, molti, e noi fra questi, stanno analizzando nuove metodiche di insegnamento che rispondano meglio al nostro tempo.


La convivenza quotidiana con il cavallo, qual era prima dell’avvento delle automobili, è venuta del tutto a mancare, comporta per coloro che si accostano all’equitazione la necessità di un apprendimento culturalmente approfondito e tecnicamente avanzato che metta al primo posto la sicurezza del cavaliere e il benessere del cavallo.


L’operato della nostra Associazione qualche cosa ha prodotto in questi anni, perché abbiamo visto che anche la Federazione sta cercando di cambiare rotta, ma la sconsiderata politica di sostegno all’ignoranza equestre perpetrata per anni costituisce tutt’ora una trappola in cui si dibattono persone professionalmente capaci, vincolate a coloro che ostacolano qualsiasi forma di professionalizzazione.

Questo metodo infausto penalizza in prima persona i “clienti” dei centri che, pensando di trovarsi di fronte a istruttori esperti, vi si affidano e cadono, si fanno male, non ottengono risultati, rovinano i propri cavalli,
ma ritengono che la colpa sia del cavallo o della sfortuna, perché viene venduto loro che tutto ciò è normale e necessario per diventare cavalieri!

Pensare che l’istruzione consista nel far saltare qualche ostacolo, non è solo ignoranza, ma irresponsabilità, è millantare credito di fronte a neofiti che vengono presi all’amo. Come ho già detto in altri articoli, la mancanza di una seria conoscenza tecnica è di ritenere che tutto si incentri sul salto degli ostacoli ha come ulteriore punto di ricaduta il fatto che dopo poche lezioni tutti si sentano istruttori, con l’ovvia perdita di autorevolezza da parte di coloro che di questa passione ne hanno fatto un mestiere.

Noi siamo stati, siamo e saremo sempre per la libertà dell’insegnamento e continueremo a batterci perché non si instauri alcun monopolio dell’istruzione equestre, ma vorremmo richiamare tutti coloro che sono preposti alla formazione degli istruttori a considerare che questi avranno poi nelle proprie mani la sicurezza degli allievi e la salute dei cavalli, è una professione che implica grandi responsabilità.

Dare patenti da parte di sovrintendenti ignoranti a cavalieri
senza preparazione adeguata, solo perché sanno stare sopra un cavallo, è un atto di grave imprudenza: saltare qualche ostacolo, anche di considerevole altezza, non significa essere in grado di insegnare equitazione, è solo prova di ardimento e molto spesso di ignorante incoscienza.

È per intervenire positivamente in questo quadro piuttosto sconfortante che, pervicacemente, proseguiremo nel nostro obbiettivo di dare una formazione solida a tutti coloro che, istruttori, tecnici o semplici appassionati, vogliono contribuire ad invertire questa tendenza.
I nostri corsi sono lunghi e impegnativi e l’esborso che chiediamo, pur essendo molto al di sotto del valore aggiunto, è di fatto oneroso.

Non facciamo questo per un desiderio di supremazia, non per il modesto compenso economico, ma perché riteniamo che la professionalità sia decisiva per salvaguardare l’integrità dei cavalieri, per conservare i cavalli in buona salute, per incrementare il numero degli appassionati e per dare soddisfazione ai professionisti che, altrimenti, dopo anni di “dai gambe e tira le redini” si ritrovano, insoddisfatti e annoiati, a riproporre continuamente consumate parole prive di senso.

Quello che proponiamo non è solo un modo di offrire patenti che testimonino una maggior competenza, non è un succedaneo del metodo in vigore, è il frutto di una approfondita ricerca tra le più avanzate in
campo internazionale per offrire un nuovo modo di approcciarsi al mondo equestre che tenga conto della condizione e degli obiettivi dei nuovi accoliti.

In questa nostra ricerca siamo in compagnia di illustri personaggi come Gerard Heuschman, Walter Zettl, Balknehol, Michel Robert
e Sally Swift.


Giancarlo Mazzoleni
Articolo tratto da Equitazione Sentimentale anno XVI Febbraio 2014

Tutti i libri di Giancarlo Mazzoleni pubblicati dalla casa editrice EQUITARE sono in vendita anche su www.nonsolocavallo.it



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Numero 3 Luglio / Agosto 2020

Equitazione Sentimentale, periodico di Arte Equestre Classica - www.equitazionesentimentale.com

Giancarlo Mazzoleni è stato autore di numerosi libri e presidente della Società Italiana di Arte Equestre Classica (S.I.A.E.C.) sul cui giornale "Equitazione Sentimentale" ha pubblicato numerosi articoli. Ha collaborato anche con Il Portale del Cavallo per la rubrica "L'esperto risponde"

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