Nella giornata del 3 febbraio 2023, il Museo di Palazzo Farnese ha avuto l’onore di ospitare, all’interno di una delle sue sezioni, un folto gruppo di appassionati di quel magnifico mezzo di trasporto che furono e sono le carrozze.
Una delegazione di circa 80 rappresentanti dell’A.I.A.T. (Association Internationale d’Attelage de Tradition), Giudici, Presidenti e Referenti dei Paesi membri europei ed extraeuropei, riuniti in questa visita dal Gruppo Italiano Attacchi, ha affollato gli ambienti del Museo delle Carrozze. Lo scrivente, per conto di Malena S.N.C., si è pregiato di accompagnare i visitatori alla scoperta della nostra collezione, una delle più importanti a livello europeo.
Ma come arrivano le carrozze nelle sale dei sotterranei del Palazzo Farnese? Tutto nacque dalla passione del conte Dionigi Barattieri, nobile piacentino che, a cavallo fra il XIX e il XX secolo, acquistò e collezionò una trentina di carrozze di varia origine e natura. Alcuni anni dopo la sua morte, gli eredi fecero dono di questa raccolta alla municipalità piacentina.
Le carrozze del conte, prima di arrivare alla loro sede attuale, furono anche ospitate nelle vicine ex scuderie volute da Maria Luigia d’Austria, un pregevole edificio attualmente tornato di proprietà del Comune e in via di recupero.
Con la destinazione di Palazzo Farnese, casa dei musei civici locali, la collezione Barattieri ha trovato infine la sua sistemazione definitiva ed è qui esposta, curata e arricchita da decine di modelli che, a vario titolo, si sono aggiunti al nucleo originario nel corso degli anni.
Sono depositi o donazioni da parte di privati, enti o musei nazionali, che hanno riconosciuto in Palazzo Farnese, oggi sotto la direzione del dottor Antonio Iommelli, l’istituzione più valida nel valorizzare e proteggere questi splendidi oggetti del tempo che fu.
La prima carrozza che si incontra prima dell’ingresso vero e proprio è anche quella che chiude il percorso “ad anello” della visita; un Sulky di fabbricazione modenese con marchio recitante “Simonazzi Remigio” dal design elegante e snello. Ad accompagnare questo carrozzino, un cavallo di legno a grandezza naturale, opera di un soldato del Regio Esercito, retaggio del passato di Piacenza come importante distretto militare.
Il gruppo si addentra nella prima sala, quella dedicata alle Berline di gala. Lo sguardo viene subito legittimamente rapito dallo sfarzo della coppia di Berline appartenute alla famiglia Savoia. Entrambe realizzate dalla ditta “Cesare Sala” e datate 1879. Differiscono nell’aspetto e nell’uso: assai più ricca e sfarzosa la prima con sontuose decorazioni a motivi floreali e vegetali, pensata per gli alti dignitari di corte, più sobria la seconda, appartenente alla cosiddetta “serie argentata”, ma certamente non meno imponente. Per entrambe molto pregevoli sono gli interni, in raso e seta.
Nella medesima sala i nostri ospiti si sono soffermati a lungo anche sugli altri modelli presenti, in particolare sulla coppia di carrozze settecentesche; una berlina di proprietà ecclesiastica marchiata “F. Loyer a Turin” dall’eccezionalmente raro supporto di sospensione della cassa a balestra dritta, e un’altra berlina di produzione italiana, ma con balestre marchiate “London” che emerge non solo per le linee raffinate, ma anche per la ricchezza di decorazioni e pitture allegoriche.
Mentre qualcuno si attarda fra le berline, altri proseguono verso la seconda sala, riservata a Landau e Coupé. Il primo Landau risale a inizio Ottocento e porta il marchio di Francesco Sala.
Questo modello, riportato ai colori originali con precisi interventi di restauro, presenta non solo la particolarità di poter ospitare due passeggeri, ma anche un originale sistema di sospensioni con molle a C con cinghioni regolabili a quattro molle.
Ampiamente rappresentata è di nuovo la casa costruttrice Cesare Sala, con ben quattro carrozze di cui due Coupè Brougham quasi identici. Presenti anche una Landaulet a marchio “Francesco Belloni”, ricco di dettagli pratici e funzionalità, e un Landau “Ferretti -Roma” dotato di ruote gommate, ma anche di flèche, fanali, freni e capote reclinabile in cuoio. Di tutt’altro tenore la terza sala, dove i nostri visitatori incontrano la realtà delle carrozze per bambini in due declinazioni.
Sulla sinistra si trovano i passeggini: alcuni modelli sono pensati per l’inverno con interni in pelle e maggiore protezione per il bimbo, mentre altri, più leggeri sia nella costruzione che nei materiali, sembrano essere ideali per l’estate.
Sull’altro lato invece le carrozze giocattolo, tra cui svetta una piccola, ma perfetta, Calèche barouche. Completano la selezione un cavallino a dondolo di inizio Novecento e, di nuovo a firma “Cesare Sala”, un passeggino costruito per l’infanzia di Vittorio Emanuele III.
In un ambiente “di passaggio” (era qui custodito il passavivande a ruota) sono ospitati i due Phaeton della collezione: un Mail-phaeton novecentesco e di manifattura torinese Locati e Torretta, e un modello a quattro posti marchiato “Pietro Ojoli Novara”, utilizzabile anche su strette strade collinari per la sua leggerezza e manovrabilità. Si prosegue con le carrozze da passeggio: un Vis-à-vis di “Cesare Sala” e due Vittoria, di cui la prima prodotta da “Alessandro Locati” a Torino mentre la seconda firmata Enrico Orsaniga, ma con fanali di produzione francese.
Subito alcuni tra gli ospiti più attenti notano e ammirano la Calèche barouche, certamente uno dei pezzi più pregiati dell’intero museo.
Realizzata a Parigi dalla ditta Thomas Baptiste nella prima metà del XIX secolo mostra l’eleganza formale della cassa “a gondola” ma anche l’attenzione per la comodità con un duplice sistema di molleggio. I pregevolissimi colori originali, amaranto e turchese, sono emersi solo dopo attenti lavori di restauro.
Questo modello, insieme agli altri tre del medesimo ambiente, faceva già parte della prima collezione Barattieri, a dimostrazione di quanto il conte fosse disposto a cercare e acquistare esemplari di carrozze di alto livello anche al di fuori dei confini nazionali.
Proseguiamo insieme verso la sala delle carrozze sportive: si sorride osservando un simpatico Spider, che deve il proprio nome all’aspetto “ragnesco” che le conferisce la struttura metallica, mentre altri si fermano di fronte all’imponente Break di “Cesare Sala” dalle linee solide e squadrate ma ingentilito dalla lavorazione in finto midollino dal colore rosso sgargiante, che ne percorre le fiancate. Si fa notare per una certa originalità il Vis-à-vis a firma “Carlo Ferretti”, realizzato in canna d’India e rivestito in pelle di cinghiale.
L’ambiente sopraelevato della sala successiva, adibita ad ospitare le carrozze sacre, fu creato dai militari austriaci durante la loro permanenza a Piacenza. Oggi qui visibili sono le Carrozze funebri tra cui emerge come particolarmente drammatico un modello in bianco, destinato ai funerali infantili. Sul feretro è inginocchiato un angelo e angeli piangenti decorano anche il feretro di un’altra delle carrozze presenti, questa pensata per gli adulti e certamente di alto profilo, pur non presentando marchi.
Ben riconoscibile è invece il marchio “Ciocca, Torino” punzonato sui pignoni della terza grande carrozza qui custodita; un modello ricco, con gualdrappa, passamaneria e decorazioni in nero e oro, ma non eccessivamente lussuoso.
Risalente al 2007 è l’apporto dato al Museo delle carrozze di Palazzo Farnese dal Museo della Scienza e della Tecnica di Milano che ha concesso in deposito alcuni suoi esemplari. I visitatori hanno qui modo di osservare alcuni modelli particolarmente rari e tra i più datati della intera collezione e numerosi sono i loro commenti al riguardo di questo o quel modello, particolarmente ricchi di spunti di interesse.
Tre Sociable tra i quali il primo, datato tardo Settecento, si fa notare per qualità ed eleganza nonché per un marchio che rimane purtroppo ignoto, uno stemma con corona a nove punte e le lettere “C. D.”. Si prosegue poi con modelli originali quali un Break de Chasse con spazio per il trasporto dei cani o un Wourche, carrozza dalla costruzione complessa e smontabile nelle sue parti di copertura superiori durante la bella stagione.
Nella grande sala che era il bagno delle damigelle di corte sono oggi possiamo ammirare le carrozze a due ruote; tra un carretto siciliano decorato con scene di popolari opere liriche e una slitta altoatesina (qui in qualche modo impropria, in quanto… priva di ruote), si possono ammirare un Hansom cab prodotto a Londra dalla “Forder Bros” a metà Ottocento e un Dog-cart inglese a sua volta, opera della ditta di Manchester “Joseph Cookshot & Co.”
Si arriva, infine, ad alcune tra le carrozze più amate dai visitatori, i Coach. Ben cinque i modelli qui presenti e di cinque costruttori differenti; si inizia con un Mail-coach “Holland & Holland” con sistema di molleggio a telegrafo e cassa verniciata in giallo e nero. Si prosegue poi con uno Stage-coach particolare per l’assenza di flèches e realizzato dalla ditta “Taramella & C. Successori”. Con cassa e ruote colorate in rosso e nero è il terzo Coach, della ditta torinese “Boccardi Alessio”, capace di ospitare fino a dieci persone; seguono un coach “Alessandro Lonati”, sempre torinese e dalla particolare luminosità interna grazie ai doppi vetri, e uno Stage-coach “Enrico Orsaniga – Milano” con fanali anteriori in aggiunta ai soliti laterali.
La visita si conclude con le portatine, fra modelli realmente utilizzati e modelli probabilmente usati come oggetti di scena in teatro, ma comunque risalenti al Settecento.
Nel corridoio delle portantine il gruppo, poco a poco, si raduna di fianco al sulky, incontrato all’inizio, e può fare la conoscenza del restauratore Davide Parazzi, per le cui mani passano le continue cure alle quali devono essere sottoposte le carrozze della collezione. Legno, metallo, cuoio e tessuti hanno necessità di attenzioni costanti e l’abilità a trattare i diversi materiali del maestro Parazzi è indispensabile. Ed è con le diapositive dei restauri e relativi applausi che si è conclusa questa bella e intensa visita che, posso dirlo senza alcun dubbio, ha lasciato entusiasta questo splendido gruppo di visitatori, che non solo ha ricevuto, ma ha anche dato tanto in termini di passione e conoscenza con vari aneddoti e indicazioni, di cui farò tesoro nelle mie future visite.
Di Alessandro Previdi. Photo credits Luigi Mossali
- Sulky del modenese Simonazzi Remigio attaccato a un cavallo in legno a grandezza naturale
- Alessandro Previdi, guida del Museo, illustra ai visitatori la storia delle Collezione in italiano ed in inglese. E’ affiancato da Ivo Fibioli per la traduzione in francese
- Sala delle Berline di Gala, spiccano quelle appartenute ai Savoia a firma Cesare Sala
- Sala dedicate alle carrozze e ai carrozzine per bambini
- Phaeton a quattro posti “Pietro Ojoli – Novara”
- Calèche barouche, della casa parigina Thomas Baptiste
- Vis-à-vis a firma Carlo Ferretti realizzato in canna d’India
- Berlina di proprietà ecclesiastica, “Carlo Ferretti”- Roma
- Carretto siciliano e slitta altoatesina
- Un’ampia sala è dedicata agli imponenti Coach: ben cinque i modelli di cinque costruttori differenti
- Le portantine alcune delle quali risalenti al Settecento