Le braccia semicircolari, a colonne, del Bernini ne delimitano il quadrante, costituito dall’intera Piazza San Pietro, che ha una superficie di circa 40.000 metri quadrati
Foto 1 Ma più che per le caratteristiche di meridiana in se, viene ricordata per la storia del suo gnomone, un obelisco. Il simbolo della divinità, del sole, per gli egizi, ma espressione del potere nella Roma degli imperatori.
Foto 2 Alto oltre 25 metri, l’obelisco centrale è un blocco unico di porfido e raggiunge, con il basamento e l’estremità, oltre 40 metri di altezza. Sembra che provenga da cave di granito egizie. Il fatto che non presenti geroglifici, ed alla base, solamente la dedica di Caligola ad Ottaviano Augusto ed a Tiberio, ha fatto pensare che Caligola stesso lo avesse fatto costruire appositamente, per portarlo poi a Roma. Lo scopo era di farne un indicatore della “spina” del Circo di Nerone, nei pressi (e sottostante) della attuale Basilica di San Pietro.
Altri pensano che questo obelisco fosse stato realizzato dagli egizi e sistemato a Heliopolis per onorare un faraone, Nencoreo, e che Giulio Cesare, per fare un omaggio a Cleopatra, lo avesse trasferito ad Alessandria.
Papa Sisto V lo fece montare al centro della piazza San Pietro, da Domenico Fontana, il 10 settembre del 1586 e sono molte le storie che si raccontano su di esso, (a proposito “obelos” in greco antico vuol dire: “spiedo”). Ma fu solo nel 1817 che quell’obelisco di 2000 anni, considerato come un eccellente gnomone, diede l’occasione di trasformare la piazza in una gigantesca meridiana e l’opera fu affidata all’astronomo L.G.Gilii.
Foto 3 Chi ha occasione di visitare piazza San Pietro, può osservare una striscia di granito rosso che va dalla base dell’obelisco fino al di la della fontana del Maderno (quella a destra guardando la facciata).
Foto 4 Alcuni dischi in marmo bianco, posizionati a distanze diverse lungo questa fascia, saranno raggiunti – a mezzogiorno – dall’ombra dello gnomone, nei solstizi d’estate e d’inverno. Altre pietre tonde, nella pavimentazione della piazza, identificano i punti relativi ai segni zodiacali raggiunti dall’ombra durante l’arco dell’anno e la direzione dei venti.
Foto 5 Diverse sono le storie che riguardano quell’obelisco pesante 350 tonnellate. Sembra che la nave con la quale Caligola fece portare a Roma, dall’Egitto, quell’ingombrante monolite, fosse talmente grande, che, successivamente, l’imperatore Claudio la utilizzasse, facendola caricare di una enorme quantità di materiale inerte ed affondare all’ingresso di quello che sarà poi il porto di Roma. Per creare le fondamenta del faro.
In considerazione delle eccezionali dimensioni e peso di questo obelisco, per innalzarlo e posizionarlo sul basamento, Domenico Fontana dovette impiegare 800 uomini, 75 cavalli, oltre ad una nutrita serie di argani e carrucole. Esso poggia su 4 leoni di bronzo, ciascuno con una testa e due corpi divaricati, per costituire un affidabile base a sostegno delle centinaia di tonnellate del suo peso.
Foto 6 Il Fontana racconta che, data la delicatezza dell’operazione, fu dato l’ordine agli operai di non emettere una parola né fare alcun rumore, pena la morte. Per rendere ancora più efficace la minaccia, fu fatta erigere una forca nella piazza stessa.
Nell’ultima e decisiva fase del lavoro, le funi cominciarono a cedere e fu un marinaio ligure che, rischiando la testa, gridò: , in dialetto ligure. Cosa subito eseguita, che contenne il cedimento della canapa e salvò l’obelisco da un crollo rovinoso. Il capitano Bresca, che viene ancora ricordato nella sua città come un eroe, si guadagnò dal papa una pensione ed il diritto di fornire alla Chiesa di San Pietro, le palme, in occasione della Settimana Santa. Parecchie le leggende popolari nate su quell’obelisco, chiamato “l’aguglia” dai romani d’allora.
Una sosteneva che la sfera di bronzo dorato, sistemata in origine sulla cima dell’obelisco – e ancora conservata nei Musei Capitolini – contenesse le ceneri di Giulio Cesare. Un’altra, che la croce bronzea che la sostituì, contenesse una particella della croce di Gesù, mentre sembra che solamente durante un successivo restauro del 1740, ve ne fosse effettivamente inserito un frammento che era conservato nei reliquiari vaticani.
Da “TIC(plin)TAC(plon)” di Marco Biffani Massimo Leorose Editore Foto di Marco Biffani
SE SI VUOLE AGGIUNGERE:
A Roma esistono decine di meridiane. Ne ricordo alcune: quella di Via Aldrovandi 25, all’interno di una villa privata nel quartiere Coppedè, all’interno dei giardini del Quirinale, in Piazza Capodiferro di fronte a Palazzo Spada, sul prospetto di Palazzo Ossoli, in Via del Colosseo. In Viale Regina Margherita (nei pressi del Policlinico), nel complesso chiamato “Italia” ce ne sono due nel cortile interno. A Villa Borghese c’è una palazzina chiamata la Meridiana, con una rosa dei venti.
Nel Collegio Romano e nella Torre dei Venti in Vaticano. A via del Babbuino ne compare una sul campanile della chiesa di Sant’Anastasio.Sul prospetto dei due campanili della chiesa di Trinità dei Monti, costruita nel 1585 su progetto di Carlo Maderno e Domenico Fontana vi compare su quello di sinistra un orologio, su quello di destra una meridiana che segna le ore pomeridiane (essendo esposto ad occidente).
Da uomo di esperienza sostiene che la vita propone avventure che superano la fantasia. Autore di numerose pubblicazioni tra cui Il libro "Equus Caballus, Ippo per gli amici (principianti)" edito da Bastogi Libri