Una forma di apprendimento che si verifica in un periodo sensibile della vita che può variare da poche ore nelle specie precoci, a diverse settimane in tutte le altre specie.
Quando si sente parlare di imprinting il nostro ricordo va ad un uomo con barba e capelli bianchi che passeggia seguito da una fila di ochette. Quest’uomo è Konrad Lorenz, scienziato austriaco, che nel corso dei suoi studi sul comportamento delle oche selvatiche aveva notato che un volatile tendeva a sviluppare, appena subito dopo la nascita, un particolare attaccamento alla prima cosa che vedeva muoversi sopra di lui.
La storia della piccola ochetta Martina, ne è la prova. Lorenzl’aveva fatta nascere in un’incubatrice e subito dopo laschiusa l’ochetta si legò, teneramente, a lui. I ripetuti tentativi di farle riprendere posto sotto la madre naturale fallirono, inesorabilmente. La piccola gli correva dietro piangendo, incespicando e rotolando eppure con una velocità e una decisione inequivocabile: Lorenz era la sua “mamma”.
L’osservazione di questostrano comportamento da parte dei volatili ha delle originipiù antiche. Tommaso Moro, statista e scrittore del XVI secolo, fu il primo a notarlo. Nella sua opera più famosa “Utopia”, del 1516,notò che i pulcini covati in una sorta di incubatrice rudimentale seguivano i fattori come se fossero le loro mamme.
Oggi sappiamo che non c’è niente di strano o di misterioso in questa forma di attaccamento. Sappiamo che tale fenomeno è stato denominato da Lorenz “Imprinting” e che è una forma di apprendimento che si verifica in un periodo preciso della vita, detto periodo sensibile, che può variare da poche ore nelle specie precoci, a diverse settimane in tutte le altre specie.
Sono passati ormai ottanta anni da quando la piccola Martina seguiva Lorenz.Gli studi e le sperimentazioni non si sono fermati ed oggi è diventato una fase importante dell’addestramento di qualsiasi animale, basti pensare all’utilizzo nella preparazione dei cani guida per ciechi o addirittura all’addestramento degli elefanti. Anche nel mondo equestre viene utilizzato da diversi anni, dando ottimi risultati. Un veterinario californiano, Robert M. Miller, negli anni ’50 del secolo scorso aveva notato, nel corso della sua professione, che se per ragioni ostetriche era stato costretto a manipolare i puledri subito dopo la nascita, questi tendevano a riconoscerlo e ad essere più miti e più docili quando egli tornava ad effettuare le visite di controllo. Ha sospettato dunque che anche i cavalli potevano subire un imprinting alla nascita ed ha iniziato ad osservare il fenomeno su tutti i suoi puledri e muli.
I cavalli sono una specie precoce pertanto nascono neurologicamente maturi, pienamente sviluppati e tutti i loro sensi sono completamente funzionali perché, per avere qualche possibilità di sopravvivere nel mondo selvatico, devono, nel più breve tempo possibile, essere in grado di seguire la madre e riconoscere il branco: sin dalla nascita attivano la capacità di memorizzare. Consapevole di ciò Miller ha stabilito che il periodo sensibile per i cavalli avviene subito la nascita perché è il periodo che meglio recepiscono tutti gli stimoli a cui vengono sottoposti e sono in grado di memorizzare e categorizzare una quantità illimitata di informazioni.
Quindi non si deve fare altro che sfruttare questa caratteristica ancestrale e il sogno di ogni cavaliere di avere un cavallo docile e reattivo viene realizzato.Manipolare il puledro subito dopo la nascita non è, dunque, sbagliato o contro natura come ancora oggi in molti ambienti equestri si ritiene; e non provoca il rifiuto da parte della cavalla, anzi è fondamentale approcciarsi alla fattrice e ottenere la sua fiducia prima del parto affinché ci consenta di avvicinarci al nato e non frapporsi tra il figlio e l’uomo.
La prima forma di imprinting proviene dalla fattrice e pertanto l’interazione non avviene tra uomo-puledro-fattrice bensì tra uomo-fattrice-puledro. Una volta adulto, il cavallo sarà docile, mite ma non viziato. Anzi sarà collaborativo e reattivo ad ogni richiesta del cavaliereche non dovrà più ricorrere alla forza o peggio alla violenza per far valere il suo carisma nel rapporto con il proprio cavallo.
Tuttavia l’unico inconveniente è che non bisogna dimenticare che l’imprinting è pur sempre un apprendimento e che le esperienze che il puledro farà in tenera età lo condizioneranno per il resto della sua vita, pertanto un imprinting sbagliato o praticato male, da persone inesperte, incuterà dei timori nel cavallo anziché risolverli e genererà un cavallo timoroso o, addirittura, con problemi comportamentali.
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