L’attenzione è uno dei concetti che il mio metodo Human Horse Sensing usa nella comunicazione tra le specie animali ed è un punto fondamentale nell’interazione tra uomo e cavallo.
Alcuni addirittura la esigono incondizionatamente, senza rendersi conto che è contro natura per il cavallo astrarsi dal mondo che lo circonda. Altri ancora condizionano il cavallo a fare attenzione con metodi coercitivi, come finimenti che producono sensazioni dolorifiche o che impediscono al cavallo di muovere la testa e di percepire con la vista. Come conseguenza di questa azione arrivano a intimorire il cavallo con la loro stessa presenza.
Alessandra Deerinck
Medico veterinario e addestratrice.
Autrice del libro:
HUMAN HORSE SENSING
Tra uomo e cavallo il movimento comunicazione
Pubblicato da Equitare.
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Nel 1890 lo psicologo William James definì l’attenzione: “Tutti sanno cos’è l’attenzione. E’ il prendere possesso da parte del pensiero, in forma chiara e vivida, di uno tra quelli che sembrano numerosi possibili oggetti o corsi di pensiero simultanei. Focalizzazione, concentrazione, consapevolezza sono la sua essenza. Implica il sottrarsi da certe cose per affrontare efficacemente altre ed è la condizione che ha il vero opposto nello stato confuso, stordito, distratto che in francese si chiama distraction e in tedesco Zerstreutheit”. In poche parole, l’attenzione è il processo cognitivo di concentrarsi selettivamente su un aspetto dell’ambiente, ignorando altre cose. Quando si interagisce con il cavallo è importante essere in grado di avere la sua attenzione su di noi, ma dobbiamo farlo sempre in modo positivo.
Osservando i cavalli domestici, si può vedere come sono istintivamente e costantemente consapevoli dell’ambiente che li circonda. Questo stato è naturale per il cavallo, animale che non costruisce ripari o tane e che allo stato brado vivrebbe spostandosi dove trova nutrimento o acqua e soprattutto un gruppo di individui con cui vivere e proteggersi a vicenda. Quando qualcosa lo mette in allerta, il cavallo focalizza la sua attenzione sull’oggetto in questione e per prima cosa lo guarda puntando le orecchie nella sua direzione e assume un aspetto che trasmette agli altri componenti del branco importanti informazioni. Altro elemento degno di nota è il fatto che il cavallo fissi l’oggetto con un occhio o con i due occhi.
Anche le orecchie hanno un significato, a seconda di come vengono orientate dal cavallo che ricerca informazioni nell’ambiente con la vista e l’udito. Se l’oggetto è vicino perché il cavallo si è sentito in grado di avvicinarsi abbastanza, lui prima sbufferà, probabilmente per suscitare una possibile reazione dell’oggetto, poi lo investigherà anche con l’olfatto e con il tatto. Infine, se il cavallo lo ritiene opportuno, userà anche il gusto, che implica un contatto mediante il quale può raccogliere ulteriori informazioni.
Un giorno mi capitò l’occasione di poter osservare il mio cavallo entrare in uno stato di assoluta attenzione. Mi trovavo nel maneggio scoperto della nostra scuderia, a lavorare in piano con Rosalie – la mia femmina Puro Sangue Inglese di undici anni – e un airone si posò sul prato di fronte a me, a circa dieci metri, mentre stavo eseguendo una volta al galoppo. Rosalie si fermò, senza scartare, assumendo una posizione di allerta, immobile, con le orecchie puntate sull’airone, il quale, a sua volta, si era immobilizzato. Io ero consapevole del fatto che mi aveva “disobbedito”, ma ero attratta dalla possibilità di osservare quello che avrebbe fatto in quella situazione, anche sapendo che avrei potuto trovarmi poco elegantemente a terra. Rosalie aveva paura di oggetti che si trovano al di sopra di lei. All’inizio montarla era problematico perché anche se aveva accettato la mia presenza in sella, qualsiasi cosa che si trovasse nella zona attorno al cavaliere, scatenava la sua fuga improvvisa ed era pericoloso anche allargare minimamente le mani.
Quando qualcosa lo mette in allerta, il cavallo focalizza la sua attenzione sull’oggetto in questione e per prima cosa lo guarda puntando le orecchie nella sua direzione.
Questa reazione dei cavalli da corsa può avere diverse cause: può derivare dall’addestramento a uscire dalle gabbie, dalla maniera in cui i fantini a volte usano la frusta per spingere il cavallo sulla dirittura finale, o può essere causata dai paraocchi portati in corsa che non abituano il cavallo a sopportare oggetti in movimento in quel settore del suo campo visivo. Pensai di registrare la scena con il cellulare, dato che mi trovavo in un punto di vista privilegiato, da cui vedevo l’airone incorniciato tra le orecchie di Rosalie puntate sull’oggetto della sua attenzione.
Sentivo le stesse cose che sentiva lei: il canto degli uccelli, i rumori della vita che scorrevano attorno a noi, e dovevo fare appello a tutta la mia concentrazione per non distrarla dall’airone, quando sentivo avvicinarsi una macchina. Anche se lei non mi vedeva, mi trovavo in sella intimamente unita a lei, ogni contrazione dei miei muscoli, avrebbe potuto distrarla, visto che Rosalie è addestrata a essere montato anche senza finimenti, e che i Puro Sangue Inglesi hanno scarsa capacità di mantenere a lungo la concentrazione. Il tempo giocava a mio favore: nei pochi minuti che mi trovai in quella posizione passarono macchine e successero altre cose, ed io potei osservare le sue reazioni. Stando ben attenta a non distrarla dall’airone riuscii a non farmi percepire come un ostacolo alla fuga dallo stimolo che la allarmava. E quindi Rosalie non cercò mai di liberarsi di me, anzi si prese cura di farmi sapere cosa succedeva, come avrebbe fatto se fosse stata allo stato naturale ed io fossi parte del suo branco.
Alla fine di quei lunghissimi momenti, quando l’airone prese la strada cercando cibo tra i fili d’erba e dirigendosi verso lo stagno vicino, Rosalie e io tornammo al nostro lavoro di volte e contro-volte come se nulla fosse, ricche di questa esperienza che, vissuta insieme, ci ha avvicinato ulteriormente. Prossima sfida era una gara di endurance 50 miglia sulle montagne attorno a Vail Lake in California. Animali predati in natura, come i cavalli, devono essere sempre “presenti” all’ambiente che li circonda: da ciò dipende la loro sopravvivenza, garantita dalla velocità con cui possono passare dalla posizione d’immobilità alla fuga a piena velocità per sottrarsi al pericolo. È interessante anche notare una correlazione che esiste tra la capacità di essere “presenti” a quanto avviene attorno a loro e la gerarchia del branco. In genere, i cavalli che occupano posizioni elevate sono quelli più “consapevoli”.
Quando un cavallo si allerta, assume una posizione che “silenziosamente” dice agli altri componenti del branco cosa sta succedendo. Inoltre, è anche interessante notare come i cavalli che scappano cercano di includere nel loro campo visivo la “causa” della loro fuga. Lo fanno allontanandosi e descrivendo una curva in modo da includere l’oggetto da cui si allontanano, o se in linea retta, lo fanno scuotendo la testa da una parte all’altra e guardandosi dietro. Al contrario, i predatori possono permettersi di focalizzare la loro attenzione sulla preda e non si preoccupano troppo di quello che li circonda mentre cacciano. In virtù delle sue doti intellettuali, l’uomo può essere preda e predatore: infatti, se si trova perso nella giungla è “una preda”, mentre nella vita normale è predatore o preda secondo la sua decisione.
Per vivere, l’uomo si costruisce un ricovero, dove sentirsi al sicuro e all’interno del quale può focalizzare l’attenzione senza preoccuparsi, quindi non sente la necessità di avere consapevolezza di quello che lo circonda, né generalmente lo fa per abitudine. Le diverse razze equine create dalla selezione genetica che l’essere umano ha attuato hanno anche differenze a livello di capacità di fare attenzione. Analizzando il comportamento di cavalli di razze diverse si può fare un diretto collegamento tra attenzione e istinto di fuga. Il purosangue inglese, che ha un istinto di fuga molto sviluppato, ha anche più difficoltà a fare attenzione e concentrarsi per lungo tempo. In ciò la sua nota sensibilità gioca un ruolo importante, così è anche nelle altre razze a sangue caldo. I cavalli iberici hanno nel patrimonio genetico la capacità di concentrarsi su un oggetto, come il toro, e di mantenere la loro attenzione su di esso. Stessa cosa vale per i cavalli da lavoro con il bestiame, come i Quarter Horse.
ATTENZIONE E LEADERSHIP
Tutti sanno che avere una carota in mano può attirare l’attenzione completa di un cavallo, ma questo non è il tipo di attenzione che dovrebbero cercare i cavalieri. Invece è possibile guadagnare l’attenzione spontanea del cavallo, in un modo in cui sceglie volontariamente di darcela nello stesso modo in cui presta sempre attenzione a un altro cavallo che considera un leader. Questo è in realtà lo stato mentale naturale per un cavallo. Il cavallo leader in un branco raggiunge il suo status semplicemente svolgendo il suo ruolo nella mandria, dove guida i cavalli al cibo, all’acqua e alla sicurezza. A causa del suo ruolo, il cavallo leader può anche avere l’attenzione dei membri del branco in qualsiasi altro momento.
Osservando i nostri cavalli domestici, possiamo facilmente vedere come pattugliano continuamente l’ambiente circostante con i loro cinque sensi mentre mangiano, giocano, si puliscono e riposano, pronti a concentrarsi su qualsiasi cosa li allarma. Quando qualcosa allarma un cavallo, guarda e dirige le orecchie nella direzione degli stimoli. Agendo in questo modo, un cavallo avverte il resto degli individui intorno a lui e si prepara ad aumentare la distanza tra lui e la fonte di preoccupazione, se necessario. Questa istanza relativa all’attenzione è un altro tipo di momento che i cavalieri non amano sperimentare, ma è qualcosa che dovrebbero sempre essere in grado di affrontare.
Un altro tipo di attenzione che i cavalieri non cercano è quando si verifica un evento sorprendente e i cavalli tendono a reagire muovendosi più rapidamente e cambiando direzione, Di solito questa azione conosciuta come “scarto” è causata da un oggetto in movimento nel campo visivo del cavallo, o un suono improvviso nell’area vicina, altre volte può essere un odore o un sapore diverso, e qualcosa che li tocca anche leggero come una mosca. La personalità individuale, varia da dominante a sottomessa, con un punto ideale di “equilibrato” nel mezzo, e gioca un ruolo nella capacità di attenzione del cavallo e nella sua risposta alla situazione. Alcuni cavalli sono più equilibrati e sicuri di sé, il che li rende meno inclini a spaventarsi, altri sono meno sicuri e tendono a spaventarsi spesso.
Essere in un gruppo fa sì che i cavalli si comportino in modo simile, spesso conforme a come si comporta il cavallo di rango più alto. Se non percepiscono la presenza di un leader, i cavalli scelgono di essere tali. Un’altra considerazione importante è che un leader non spingerà mai un altro individuo verso qualcosa di cui ha paura, a meno che non sia disposto ad affrontarlo consapevolmente. Quando qualcosa lo allarma, il cavallo si tiene a una certa distanza da esso, e se insistiamo a spingerlo verso di esso, perderemo la nostra posizione di leadership, che è ciò che ci mette in grado di chiedere e ottenere attenzione dal cavallo.