di Diego Verzegnassi, Associazione Natura Cavalli Carrozze.
Photo credits Diego Verzegnassi
Ho avuto la fortuna di nascere in una casa padronale, dove la mia famiglia aveva trovato una sistemazione abitativa nei duri anni del dopoguerra. A dodici anni mi fu offerta la possibilità di andare in qualità di famee a Ruda, in provincia di Udine, presso i signori Bidut, mezzadri dell’Azienda Jachia, possedenti, come si diceva allora.
Se la situazione dei mezzadri era alquanto precaria, quella dei famee (famigli), invece era una condizione per potere vivere senza pesare sulla propria famiglia. Dovevo condividere pienamente le fatiche di tutti, nessun gravame di più di quella fatica quotidiana divisa fra tutti. Quello che mi appassionava e che ricordo con piacere, era la conduzione in campagna di una coppia di cavalli, Albo e Baio, due croati, acquistati dalla famiglia proprio quando io giunsi da loro a lavorare. Nella nostra zona, la Bassa Friulana, c’era l’abitudine di servirsi di cavalli acquistati da un commerciante di equini di Fogliano, che li importava dalla vicina Croazia, essendo questa razza rustica per alimentazione, di natura forte e allo stesso tempo docile, si poteva adoperare sia in campagna che per il trasporto su strada. A quel tempo gli agricoltori dovevano affrontare annate agrarie molto ampia, sia per la varietà delle culture che per le necessarie rotazioni, pertanto si iniziava a febbraio con i lavori nella vigna, il baco da seta, la preparazione del terreno per la semina del mais, il tabacco, le barbabietole da zucchero, la mietitura, i vari raccolti e per finire per San Martino c’era la semina del frumento. In pratica il cavallo veniva utilizzato quasi tutto l’anno. A quattordici anni ritornai nella mia famiglia, e non essendo i miei né mezzadri, né proprietari terrieri, dovetti cercare un lavoro. Fu cosi che iniziai la professione di elettromeccanico, portando, però, sempre dentro di me l’amore per i cavalli. Nel 1989 acquistai una cavalla, Julka, una croata di sei anni, una grande forza ed una docilità straordinaria. L’ho utilizzata sia per lavoro, che a sella, ma anche per passeggio, con diverse carrozze. Mi è rimasta nel cuore per il rapporto che si era creato lei e me. In seguito ha fatto coppia con Misha, Rosy e Prama.
NATURA E BIODIVERSITÀ
Già da qualche tempo avevo incontrato Gianpaolo Chendi, lui sì di origini contadine, da poco in pensione, che aveva ereditato un pò più di un ettaro di terra e desiderava, rispettando la natura e la biodiversità, lavorare la terra con leggerezza, adoperando la trazione animale in reale simbiosi tra il cavallo e l’uomo, condividendone la fatica. Alcune lavorazioni, arature e simili, venivano effettuate con il trattore, con il suo vecchio trattore Zetor che faceva un fumo scuro… poco ecologico! ma semine, sarchiature e grappature, invece, con i cavalli. Ne è nato un sodalizio ma anche un’amicizia, che tuttora dura. Mi chiese di arare un appezzamento di terreno per seminare poi un’antica semenza di mais, il Bianco Perla. Da questa prima esperienza comune è nata una collaborazione, che ci porta ancora oggi a lavorare con il cavallo condividendo la sua fatica. Questo crea un rapporto di umanità e il fatto che il tuo sudore e quello dell’animale s’incontrino nella terra porta anche un senso di comunanza. Gianpaolo è custode di semi friulani come il mais Bianco Perla friulano, Ros di Aquileia, Marano di Aquileia, Dente di cavallo. Come tale fa parte della rete di “custodi di semi” chiamato anche Seed Savers che fa capo a “Civiltà contadina”, Associazione Nazionale per la valorizzazione del mondo rurale. Il termine inglese indica la persona che “salva” dei semi dal raccolto per poi riseminarli nella stagione successiva una prassi, una volta, del tutto consueta e tutti gli agricoltori lo facevano. Oggi questa parola identifica invece i volontari che svolgono opera di salvaguardia genetica per salvare i semi di varietà e specie minacciate di estinzione. Alcune semenze che continuiamo a preservare e anche a divulgare, per esempio il mais Ros di Aquileia sono iscritti all’albo di Slowfood e la polenta fatta con questo mais è presente sulle tavole dei migliori ristoranti della nostra Regione.
UN PROGETTO UMANISTICO
Successivamente, nel 2003, con l’acquisto della nostra casa in campagna, ho cominciato a lavorare i miei campi con Julka per arare, passare l’erpice, seminare, falciare, rastrellare e trasportare il fieno. Essendo anche appassionato di vecchi attrezzi, ho cominciato a organizzare una raccolta di attrezzi tradizionali in modo per creare un percorso logico di strumenti per ogni tipo di lavoro. Ho fondato, poi, un’Associazione Natura Cavalli e Carrozze per divulgare il saper fare i lavori nei campi con i cavalli, per organizzare dimostrazione di lavori agricoli, per promuovere feste attorno al cavallo attaccato e creare un museo didattico con gli attrezzi raccolti. Io e Paolo siamo andati avanti con il nostro ideale di praticare un’agricoltura umanistica, in cui si reintroduce la manualità, la fatica e anche il lavoro con gli animali, ovviamente nel loro assoluto rispetto. Vogliamo condividere questa esperienza con i più giovani, che chiedono e desiderano uno sviluppo futuro diverso di quello a cui siamo abituati da 50 anni: per i giovani agricoltori che si mettono in gioco noi siamo presenti per accompagnarli. Con questo spirito nel 2017 l’Associazione Natura Cavalli e Carrozze organizzava un convegno ospitato nell’azienda vitivinicola Jermann a Dolegno del Collio, intitolato: Il Cavallo la Terra e l’Uomo con partner tecnici.
AL PASSO LENTO DEI CAVALLI
La trazione animale, in maniera modesta, ma convincente, per coloro che s’interessano alle questioni delle economie durevoli, può senz’altro avere una parte centrale e moderna nel paesaggio rurale ed agricolo, bisogna gradualmente cambiare, però ,l’attuale modello di sviluppo. Il contatto fisico con la terra, permette un rapporto privilegiato, avvicinarsi fisicamente ad essa, porta ad una conoscenza approfondita del suolo. Nell’esperienza acquisita in questi ultimi anni, abbiamo dovuto imparare molto, soprattutto in un ambiente che è molto cambiato; capire quale fosse il modo migliore per l’addestramento dei cavalli, quali materiali e attrezzi adoperare (oggi c’è una nuova offerta di macchinari in Europa per lavorare con la trazione animale, utilizzati in Belgio, Germania e Francia dove le superficie lavorate sono significative). E’ l’animale che impone un suo ritmo, una sua tecnicità e richiede delle costrizioni molto differenti di quelle alle quali i trattori ci hanno abituato. E poi, come conciliare il lavoro con il benessere dell’animale? Le risposte le abbiamo trovate nel passo lento del cavallo, nella sua storia di cammino millenario assieme all’uomo e nelle nuove prospettive che questo animale può ancora dare in una agricoltura moderna. Oggi più che mai dobbiamo seriamente chiederci come tornare ad una economia naturale salvaguardando gli ecosistemi, come garanzia per avere il suolo fertile, l’aria e l’acqua pulite.
Rispettando la terra
Negli ultimi 20 anni ho organizzato una raccolta di attrezzi agricoli tradizionali in modo da creare un percorso logico di materiali per ogni tipo di lavoro in un museo didattico. Gli attrezzi che ho ritirato nelle vecchie cascine o dai vecchi agricoltori, li utilizzo regolarmente per i lavori agricoli. Sono originali e il più vecchio, un aratro con carretto, risale ai primi anni del 1900 e riporta la targa del costruttore Ansaldo, mentre il più recente è del secondo dopoguerra. Attrezzi come aratri di varia forma e misura per le diverse semine, erpici, seminatrici varie per granoturco o altre colture, mi permettono di lavorare la terra come una volta: con il cavallo e rispettando la terra senza maltrattarla come a volte succede usando pesanti trattori.
GRUPPO ITALIANO ATTACCHI - Associazione Sportiva Dilettantistica