L’uso di antibiotici negli allevamenti di animali, uno dei principali fattori che contribuiscono alla resistenza dei batteri, aumenterà dell’8% tra il 2020 e il 2030 nonostante gli sforzi in corso per ridurne l’uso.
A indicarlo è un studio pubblicato sulla rivista Plos Global Public Health che mostra come l’uso di antibiotici sia più elevato in Asia, e in Cina in particolare, e che le informazioni a riguardo sono ancora lacunose. Gli antibiotici sono necessari per trattare le infezioni ma sono spesso usati anche per accelerare la crescita degli animali e prevenire le malattie in capi allevati in condizioni di sovraffollamento e antigeniche. Molti governi hanno lottato per applicare regole per ridurre l’uso di antibiotici e gli stessi ricercatori hanno faticato a calcolare la quantità di quelli utilizzati, perché circa il 40% dei paesi non comunica i dati alla World Organization for Animal Health (Woah). Per stimare l’uso di antibiotici in 229 paesi, i ricercatori, guidati da Thomas Van Boeckel, epidemiologo presso l’Istituto Federale Svizzero di Tecnologia (ETH Zurigo), hanno incrociato i dati sulle popolazioni di animali da allevamento nel mondo e quelli sulle vendite di antibiotici nei 42 paesi che hanno reso pubblici tali dati. Da lì, hanno estrapolato le tendenze per i restanti 187.
Secondo le stime, l’uso di questi farmaci in Africa è probabile sia il doppio di quanto riportato e l’uso in Asia è superiore del 50% rispetto a quanto riportato. In base allo studio, rilanciato su Nature.it, la Cina è risultata in testa ai paesi con maggior consumi di antibiotici nel 2020, seguita da Brasile, India, Stati Uniti e Australia: i 5, insieme, rappresentavano il 58% dei consumi. Gli autori stimano che entro il 2030 il mondo utilizzerà 107.500 tonnellate di antibiotici nel bestiame all’anno, rispetto alle 100.000 del 2020 (pari a un aumento dell’8%). Si prevede che il Pakistan registrerà entro il 2030 il maggiore aumento relativo (44%), da 2.184 a 3.143 tonnellate annue. L’uso, infine, crescerà rapidamente in Africa, con un aumento stimato del 25% tra il 2020 e il 2030.