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17 Settembre 2024

Tra arte e cultura, Donne e Carrozze: una lunga storia

“Qui e là, da una carrozza scoperta, si intravedevano un lembo di tessuto, un risvolto di un abito femminile, di seta o velluto […] che spuntava dalle portiere” (Émile Zola, La curée, 1871) Il termine “vetture da donna” si può meglio definire: “Carrozze costruite ad uso delle donne, sia come passeggere, sia come conducenti” (Jean-Louis Libourel: Voitures hippomobiles Vocabulaire typologique et technique, 2005).

Le donne sono state le prime a godere del comfort, anche se molto relativo, e del lusso ostentato delle carrozze. Al fascino della novità, questi mezzi di trasporto aggiungevano la comodità di spostarsi senza fatica. Offrivano, soprattutto alle signore, il vantaggio di mostrarsi vestite con i loro abiti più sontuosi come dentro a un scrigno, al riparo dalle intemperie.

La charrette adornata di velluto blu e gigli d’oro con cui Beatrice d’Angiò entrò a Napoli nel 1265, il carro traballante della duchessa d’Orléans nel 1396 e quello di Isabella di Baviera nel 1405 sono tra le carrozze più antiche conosciute.

Nel XVI secolo, ad eccezione di alcuni anziani o inabili, le donne erano le sole ad utilizzare le carrozze. Nel 1599, durante un soggiorno a Barcellona, gli svizzeri Félix e Thomas Platter osservano che in questa città “le carrozze sono poco più che per l’uso delle signore, e anche questa moda è molto recente” (Félix e Thomas Platter a Montpellier. Appunti di viaggio di due studenti basilesi 1595-1599, 1892).

Due delle carrozze più antiche, conservate entrambe nel castello di Coburgo, furono costruite la prima per il matrimonio della Principessa Dorotea di Danimarca nel 1560, la seconda per quello della Principessa Anna di Sassonia nel 1586.

Successivamente, le donne importanti disporranno per loro stesse e per la loro residenza di numerose carrozze.

Nel 1767, la delfina Maria Giuseppina di Sassonia, moglie del figlio maggiore del re Luigi XV, ne possiede circa 40: tredici berline, nove cocchi, quattro postali, due vis-à-vis, due diligenze, due gondole, una calèche, un soufflet, un diable, un baule, una lettiga e dei carretti. (Colonel du Martray: Les équipages de Marie- Josèphe de Saxe, dauphine de France, d’après Etienne-Denis de Pampelune de Genouilly, écuyer cavalcadour, commandant les écuries de Marie-Josèphe de Saxe, 1919).

Nel 1814, alla morte dell’imperatrice Giuseppina, le scuderie del suo castello di La Malmaison ospitano 24 carrozze: quattro berline cittadine, una berlina da viaggio, tre calèche, due landau, due diligenze, un carro, una chaise, tre cabriolet, un cabriolet-carrick, un boggay (sic), una gondole, una carro di servizio, un carro postale, due char-à-banc. (Serge Grandjean: Inventaire après décès de l’Impératrice Joséphine à Malmaison, 1964).

I cronisti e i giornali dell’epoca deridono il piacere smodato di alcune donne per le carrozze. “Una bella donna, una donna alla moda deve avere diverse carrozze; il bon ton non vuole che si mostri tutti i giorni in pubblico nello stesso equipaggio. La corte della sua casa deve assomigliare all’officina di un carrozziere: devono essere visti, da un lato, sotto i portici, una Berlina, più lontano un Coupé; dall’altro lato, una Calèche, un Landau e una carrozza da viaggio, oltre ai Carrick, ai Boggay, ai Gig, ai Phaéton, ecc., che sembrano appartenere al Signore e destinati al suo uso, ma di cui la Signora ha trovato il modo di appropriarsi durante tutta la bella stagione” (Almanach des modes et annuaire des modes réunies, 1815).

Alcune pubblicazioni, come Le Mercure de France del 1812, ironizzano su quelle donne che rovinano i loro mariti con l’acquisto di nuovi attacchi: “Dorimont godeva di cinquanta mila lire di rendita: si era accontentato inizialmente di una buona carrozza con due coppie di cavalli; ma Madame Dorimont voleva un equipaggio per sé. Appena ebbe una bella carrozza chiusa, fece capire a suo marito che nulla era più piacevole, per una passeggiata, di una calèche a quattro cavalli; quindi acquistò una calèche e quattro cavalli spagnoli, due baio chiaro e due grigio pezzato.

Poco dopo, avendo incontrato al Bois de Boulogne una duchessa che aveva due jockey di scorta e due avanti, tormentò suo marito per averli come la duchessa”.

Dal punto di vista tipologico, tuttavia, non esistono carrozze destinate esclusivamente alle donne. Per queste eleganti e delicate passeggere, i carrozzieri hanno solo fornito alle carrozze un maggiore comfort e una miglior finitura degli interni: tessuti preziosi, colori abbinati con cura, lavorazioni impeccabili, abbondanza di tasche e scomparti vari per alloggiare ogni sorta di piccoli oggetti indispensabili ai viaggiatori, bauli forniti di specchi e piccoli accessori, borse termiche, scaldabagno, piccoli vasi per fiori, ecc.

Alla fine del XIX secolo, alcuni Park-drag e Road-coach privati, molto lussuosi, sono stati trasformati internamente in vere e proprie cabine da toeletta per signore, con specchi, lavandino e sedile wc in porcellana, alimentato da una riserva d’acqua nascosta nel bagagliaio anteriore dell’auto. Un Park-drag costruito da Joseph Cockshoot a Manchester, i Road-Coach del carrozziere parigino Guiet (Il Rocket, il Quicksilver, l’Eclipse) possiedono queste eccezionali attrezzature.

L’aggiunta di un gradino supplementare posizionato in modo intelligente per accedere al sedile del cocchiere, nonostante gli abiti lunghi ed ingombranti, è sufficiente a trasformare un phaeton in un “phaeton da signora”.

L’abbassamento della carrozzeria di un Duc, facilitando il suo accesso, lo trasforma in un “piccolo duc” per signora o ragazza. La finezza di esecuzione di un Mail-phaeton, firmato Labourdette Frères a Parigi, conservato in una collezione privata a Golega (Portogallo), la dolcezza e l’elasticità delle sue sospensioni a dodici molle, la sua leggerezza e raffinatezza, insolite per questo tipo di veicolo, generalmente robusto e massiccio, lo designano sicuramente come un veicolo concepito per essere guidato da una donna.

Alcune creazioni particolari e uniche sono state ispirate ai carrozzieri da alcune delle loro clienti: la Milord a cassa invertita realizzato da Binder verso il 1900 per Elisabeth Radziwill, moglie del principe Roman Potocki, conservata al castello di Lançut (Polonia); il Tilbury smontabile costruito nel 1910 a Parigi dal carrozziere Grümmer per Blanche de Clermont- Tonnerre, che visitava la Persia, si ripone in tre bauletti e le sue ruote in una custodia, appositamente realizzata da Louis Vuitton. (Philippe Gaston Grümmer: Victor Morel e Antoine Joseph Grümmer costruttori di carrozze eccezionali, 2022).

La preferenza delle donne per alcuni tipi di carrozze non le rende, dal punto di vista tipologico, “carrozze da donna”. In Paris à cheval (1883) Crafty evoca con un umorismo tagliente le vetture che le donne amano usare: “È all’Avenue des Acacias [nel Bois de Boulogne] che si vedono le vere carrozze delle donne. Prima di tutto bisogna collocare la caléche a otto molle, che resta ciò che si è trovato di meglio per la passeggiata del pomeriggio […]. Nel 1830, e anche un po’ più tardi, la moda voleva che ci si andasse in compagnia: l’ultimo grido oggi è di figurarvi da soli, seppelliti sotto le pellicce”.

Già nel 1815 l’Almanach des modes et annuaire des modes réunies constatava: “La carrozza senza dubbio la più piacevole, quella in cui, disinvolta e mollemente seduta, una donna è vista dalla testa ai piedi, è la Calèche. Le signore hanno per questa carrozza una predilezione particolare”.

Secondo Crafty: “Il coupé a otto molle, altrettanto elegante, ha il vantaggio di essere caldo, e più favorevole alle bellezze incerte. Per una mezza giornata ti offre il salotto meglio organizzato, e conosciamo alcuni coupé che sono sottoposti a veri assalti dei pedoni, appena si fermano al bordo del marciapiede, anche se gli ospiti sarebbero certamente meno pressati se avessero affrontato la grande luce di una carrozza scoperta”.

Ancora secondo Crafty, la Victoria è la carrozza preferita delle belle conquistatrici: “Lo spazio ridotto che occupa spesso le permette di avanzare dove una gran calèche sarebbe costretta a fermarsi, ed è senza dubbio a questa facilità di movimento che bisogna attribuire il successo che conserva presso tutta una categoria di belle donne, occupate come il banchiere più ardente, nella ricerca di occasioni di intrattenimento. Eccellente veicolo per recuperare e avvicinare i Phaéton e i Duc guidati dai giovanotti, consente di lanciare di passaggio una parola o un gesto che fissa un’ora e indica un luogo dove incontrarsi. Le carrozze procedono ruota contro ruota per il tempo necessario allo scambio delle informazioni indispensabili, e il cocchiere non ha bisogno di un ordine per rallentare o accelerare quando la conversazioneè terminata, poiché ha sentito tutto”.

Prime utilizzatrici delle carrozze, ispiratrici del loro lusso e del loro affinamento, le donne volevano anche dedicarsi al piacere di guidarle. E questo avviene molto presto se si crede a una lettera del 24 giugno 1718, in cui la Principessa Palatina, moglie di Filippo d’Orléans fratello di Luigi XIV, dichiara riguardo a sua nipote: “la duchessa di Berry – allora 23enne – ha le mani forti come un uomo, può benissimo guidare da sola, del resto è la moda da tempo”. Un disegno a penna, “La curée du cerf”, eseguito nel 1728 da Jean-Baptiste Oudry, mostra una giovane donna guidare coraggiosamente, durante una battuta di caccia, quattro cavalli attaccati a una carrozza coperta da una alta e larga capote con tende, e postiglione in volata.

Il duca di Lauzun, raccontando nei suoi “Mémoires” (1747-1783) una visita ad Anversa con il principe Repnine, precisa che era accompagnato dalla principessa Czartoriska, la quale “si era spesso divertita a guidare lei stessa “i cavalli, che lui aveva portato dall’Inghilterra, attaccati a un piccolo Phaéton.

Il marchese Marc Marie de Bombelles annota nel suo Diario in data 8 giugno 1784: “La regina [Maria Antonietta] è stata al Petit Trianon […] L’ho vista andarci in calesse alla guida di un cavallo, il suo cocchiere seduto dietro e due …che precedevano questo agile equipaggio”.

L’imperatrice Eugenia aveva una ventina di cavalli al suo servizio personale, in particolare pony che venivano attaccati ai suoi Duc e, che in campagna guidava lei stessa. A Londra, così temerarie come i più spensierati giovani, Lady Archer e la duchessa di Devonshire si arrischiano a guidare stravaganti e pericolosi Crane-neck phaeton.

Lady Lade, appassionata di cavalli, così come suo marito membro fondatore del Four-Horse Club, conduceva a gran galoppo in Hyde Park il suo High-perch phaeton.

La regina di Spagna Isabella II guidava frequentemente, ora un Tilbury, ora un Phaeton “con tanto di grazia e maestria, non senza causare qualche spavento alla sua passeggera l’Infanta doña Josefa, per la grande velocità che faceva prendere ai cavalli che guidava” (Carlos Cambronero: Isabel II intima, 1908).

Lo scrittore Prosper Mérimée, familiare della contessa di Montijo, madre dell’imperatrice Eugenia, spesso passeggera della regina Isabella II, esorta la sua amica alla prudenza: “…nonostante quello che mi dici della destrezza di Sua Maestà Cattolica nel guidare il suo Phaeton, ti consiglio di non guidare la tua vetture allo stesso modo… Forse la regina ti trasmetterà la sua audacia, e tu le darai la tua discrezione”.

Sull’esempio della regina sua madre, l’Infanta Isabella di Borbone, che i madrileni soprannominavano affettuosamente “la Chata” o “la più spagnola delle infantas”, era una magnifica e audace auriga con quattro cavalli. Durante la “romeria” di San Eugenio si poteva spesso ammirarla dominare al galoppo quattro cavalli o quattro muli.

L’interesse per la guida a redini lunghe si diffonde tra le donne della buona società già dalla metà del XIX secolo. “Si cominciava ad ammettere che in campagna una donna onesta potesse guidare un pony.

Già nel 1855 le donne più coraggiose guidavano timidamente in campagna. Nel 1860, osavano farlo con coraggio in campagna e timidamente a Parigi, al mattino.

Nel 1880, la cosa era entrata nel costume, anche di pomeriggio […]. Nel 1890, le donne guidano non solo Panier (charrette inglesi a 2 ruote), ma anche altre vetture a due ruote, con un coraggio che anticipa l’evoluzione culturale in Francia”.

Queste note caustiche non sono opera di un misogino odioso, come si potrebbe pensare, sono scritte da una donna, la duchessa di Fitz-James con lo pseudonimo Croqueville nel libro Paris en voiture, à cheval, aux courses, à la chasse (1892).

Nel XIX secolo le donne appaiono alla guida di tutti i tipi di veicoli. “Le Charrette inglesi e le Cestine trainate da pony minuscoli e guidati dalle mani delicate delle più belle donne di Parigi passano al trotto lungo la via centrale […] Non c’è niente di più divertente di questi equipaggi minimi, per lo più estremamente curati, veri giocattoli per bambini per dimensioni e per il piacere che danno alle loro guidatrici.

La carrozza a due ruote in legno lucido, trainata da un cavallo allo stato embrionale, è utilizzata specialmente da chi è abituato a dimostrare indipendenza, che si preoccupano di non portare nessun palafreniere. Eccellente veicolo per chi ha spiegazioni da chiedere ai cavalieri solitari e non vuole coinvolgere il personale in certe colloqui quotidiane, ma segrete […] Le giovani madri di famiglia preferiscono le Pony-chaise, che consentono loro di portare, in mancanza del marito, uno o più dei loro eredi. È l’unico veicolo già serio che è piacevole veder guidare a una donna: è seduta e non appollaiata” (Crafty: Paris à cheval, 1883).

Nei suoi lavori Paris au Bois e Paris à cheval, l’illustratore Victor Eugène Géruzez, con lo pseudonimo di Crafty, è riuscito a evocare con humor il piacere delle signore nel guidare i loro attacchi.

“Molte donne che non avrebbero osato guidare grandi carrozze, compito riservato al sesso rude, erano disposte ad attaccare pony o piccoli cavalli, il cui aspetto leggero ed elegante suggeriva che potevano essere guidati senza ricorrere alla forza. Sicure di non essere paragonate ai carrettieri, le nostre signore di mondo furono le prime a optare per le passeggiate mattutine che davano loro l’opportunità di presentarsi in pubblico in una nuova veste, di sfoggiare particolari toilette e di tagliare la strada a cavalieri conosciuti, con grembiuli paraspruzzi non sempre senza risultati […] Ben presto le giovani mamme desiderose di far prendere una boccata d’aria ai propri bimbi, trovarono conveniente utilizzare vetture di piccole dimensioni trainate da innocui quadrupedi, e si aggiunsero al numero. Le giovani donne che non avevano figli cedevano il posto ai mariti. Coloro che non avevano né figli né mariti sceglievano un groom, insomma tutte le donne, giovani e vecchie, che possono dare da mangiare a un pony, si abbandonano a questo innocuo diversivo” (Crafty: Paris au Bois, 1890).

Le più audaci, appollaiate a cassetta sui sedili di Park-drag o di Road-coach privati, guidano con sicurezza i quattro cavalli di queste imponenti carrozze. Così, nel 1901, a New York, un gruppo di giovani donne sportive fondò il “Ladies Four-in-Hand Driving Club”.

Molte di loro, come le signore Barker, Prince, Pedreno, le signorine de Buffières, Eustis, Simpkins, la baronessa Zuylen de Nyevelt, avevano seguito a Parigi le lezioni dell’illustre maestro Edwin Howlett per acquisire la padronanza della guida a quattro cavalli.

In un articolo dedicato al marito Emmanuel Zuylen de Nyevelt, pubblicato nel 1896 sulla rivista La France automobile, Paul Meyan descrive la figlia unica del barone Salomon de Rothschild, che ispeziona minuziosamente i suoi equipaggi e indica lei stessa “sia i quattro pony, sia i quattro cavalli carrozzieri, notevoli per le loro prestazioni, che lei guiderà con la magnifica maestria di una sportwoman esperta”.

Il rapporto stretto tra donna e carrozza è descritto con grazia e precisione dal giornale Les Modes: “La Parigina sa attaccare bene, con gusto e correttezza, e ciò istintivamente, per un sentimento innato; certo, commette qua e là alcune eresie, ma queste eresie sono poco visibili al pubblico, perché sono immerse in un insieme assolutamente armonioso. L’insieme, ecco il suo segreto! Si ingegna affinché cavalli, finimenti, cocchiere, livrea, carrozza e abito siano fatti l’uno per l’altro, e sa sacrificare l’abito e il cappello preferiti se non rientrano nella tonalità obbligatoria. Mai indosserà un colore che stoni con quello dei cuscini; mai salirà su un calesse in una toilette troppo elegante, non guiderà un Duc in abito da tennis; mai salirà sul sedile alto di un Tilbury se non ha una taglia snella e una silhouette elegante” (“Comme attelle la parisienne”, Les Modes, n° 17, 1902).

Vecchie fotografie, in particolare quelle dei Delton padre e figlio, ci permettono di ammirare queste eleganti donne, con le redini in mano: la baronessa d’Ange che guida il suo Carrick a pompe (1874), l’intrepida duchessa d’Uzès che conduce il Coach del conte Nicolas Potocki, attaccato a sei cavalli (1886), la celebre amazzone Rita del Erido con un Phaéton attaccato a quattro (1900) o che guida un tandem in un dipinto di Bernard Boutet de Monvel (1907), Madame Jacques Guerlain alle redini di un Pill-box (circa 1925), Madame Frances Dodge che conduce un Duc attaccato in pariglia (1934), la cantante Fanny Heldy e il suo Spider portato al galoppo da due splendidi cavalli (1937).

Se la guida di un attacco è un passatempo per la maggior parte delle donne, per alcune diventa una vera e propria attività professionale. Nel giugno 1906, agitazione alla prefettura di polizia di Parigi: una donna, la signora Dufaut, chiede di sostenere l’esame per cocchiere, un mestiere allora esclusivamente maschile. Parigi intera polemizza sul tema: “Perché non donne cocchiere? Da migliaia di anni guidano gli uomini. Perché non dovrebbero guidare i cavalli?”. Qualche mese dopo, diverse donne seguirono l’esempio della signora Dufaut: nel febbraio 1907, sette di loro esercitavano per le strade di Parigi il mestiere di cocchiere di fiacre, dopo aver superato l’esame di idoneità obbligatorio. (L’Illustration, 2 marzo 1907).

Testo e foto Jean-Louis Libourel

1.“L’eleganza in carrozza”. Armonia perfetta fra donna e vettura (G, Domergue 1921).

2-3.Tra le carrozze più antiche quelle di Dorotea di Danimarca e di Anna di Sassonia.

4.Berlina simile a quella della delfina Marie-Josèphe de Saxe. (J.F. Chopard, circa 1760.)

5.Dame su una caleche. (Le Bon Ton Journal des Modes, 1836).

6.Dame su una Victoria. (La promenade- E.Guérard).

7.”Le rendez-vous”, dipinto di E. Guérard.

8.Tilbury smontabile del 1910 – Maison Grümmer a Parigi (C.P.).

9.Phaéton da donna (LGC, n° 295, febbraio1907).

10.Milord a cassa invertita di Binder-1900 circa.

11.Dama intrepida guida un High-perch-phaeton attaccato a minuscoli pony. (Caricatura inglese, XVIII sec).

12.Madre di famiglia guida una charrette inglese.(O.Eerelman, meta’ 800).

13.Giovane donna guida un piccolo duc, (V.Adam, 1874).

14.Miss Frederica Webb, di New York, abile guidatrice di tiri a 4.

15.Due giovani donne cocchiere. Cartolina postale, (Parigi 1906).

16.La duchessa d’Uzès guida un coach attaccato a 6 cavalli (Delton, 1886).

17.Rita del Erido elegante con tandem, (B. Boutet de Monvel, 1907 – USA, Indianapolis, Museum of Art).

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