di Domenico Bagnaschi. Photo credits Smithsonian History of the World in 100 Objects.
Redazionale: photo credits The British Museum website
Nell’antichità, il cocchio era considerato prevalentemente uno strumento da guerra o un mezzo di trasporto per merci anziché una lussuosa comodità. I primi riferimenti li troviamo nelle documentazioni relative all’antico Egitto e alla Cina. Un esempio per tutti: nel libro XV dell’Esodo si vede il faraone far attaccare i cavalli al suo cocchio per inseguire gli Ebrei. E come non ricordare nell’Iliade il Pelide Achille, che trionfa in battaglia sul suo cocchio, stimolando col flagello i cavalli.
Il termine «cocchio» nel signifi cato più moderno, invero proviene dall’Ungheria, dal borgo di Kocs, detto allora di Kotze, dove alla metà del XV secolo, esattamente nel 1457, vennero costruiti i «kocsi», veicoli costituiti da un cassone scoperto (cioè senza protezione per gli occupanti), sospeso su quattro supporti ad archi metallici, fi ssati all’esterno e lateralmente sui perni delle ruote; in questo modo si otteneva un primo accenno di sospensioni. Il vocabolo divenne poi «cocio» in dialetto veneto e «cocchio» in italiano. Anche i termini inglese «coach», tedesco «kutsche » e spagnolo «coche» hanno la stessa etimologia.
E, a proposito di antichi cocchi, con sorpresa, accingendomi alla lettura de La storia del mondo in 100 oggetti, di Neil MacGregor, notavo una bellissima immagine, raffigurante un cocchio d’oro, parte dal tesoro di Oxus, collezione di circa 180 pezzi in oro e argento risalenti al V e VI secolo A.C. La collezione si trova quasi interamente al British Museum di Londra, grazie alla donazione dell’antiquario inglese Augustus Wollaston Franks, con l’eccezione di alcuni oggetti, che si trovano al Victoria and Albert Museum della stessa città.
Questo cocchio è un modellino in oro (7,5 centimetri di altezza, 19,5 in lunghezza, del peso di 75,5 grammi), rinvenuto sulla riva nord del fiume Amu Darya (precedentemente noto come Oxus o Oxo), al confine tra Afghanistan e Tagikistan E’risalente al V secolo A.C., periodo conosciuto come primo impero Persiano o Impero Achemenide. Ci troviamo nella Persia governata dall’imperatore Ciro il Grande ed in particolare in una provincia orientale dell’impero.
A prima vista, il cocchio si direbbe un costoso giocattolo per un bambino privilegiato, potrebbe anche rappresentare una offerta agli dei o un segno di gratitudine. Ma a prescindere dal suo scopo originario, oggi è un documento che ha permesso ad esperti ed archeologi di rievocare i fasti dell’antica Persia, vasto impero, che arrivava ad Ovest sino alla Turchia e l’Egitto e ad Est sino all’Afghanistan e al Pakistan. Cosa rappresenta questo minuscolo modellino di squisita fattura che sta comodamente nel palmo di una mano? Il cocchio è trainato da quattro cavalli. È facile immaginare un veicolo simile correre lungo le grandi strade imperiali.
A bordo due figure: il guidatore, in piedi con le redini in mano ed il passeggero, molto più grande e chiaramente importante, sulla panca al suo fianco. Si tratta, con ogni probabilità, di un alto funzionario dell’amministrazione, in visita ad una lontana provincia, che governava per conto del re. Per controllare un impero così vasto era richiesta una organizzazione senza precedenti. E l’impero persiano, perciò, fu il primo grande impero “di strade” nella storia. Governare tale impero, richiedeva uno sforzo supremo, affidato a livello locale a governatori o satrapi, che controllavano da vicino quanto accadeva nelle aree periferiche. I satrapi dovevano far rispettare le leggi, riscuotere le tasse ed arruolare gli eserciti. Questo ci riporta al nostro giocattolo d’oro, poiché il passeggero del cocchio potrebbe essere proprio un satrapo in viaggio. Lo si desume dal soprabito elegantemente decorato e dal copricapo.
Conducente e passeggero indossano il costume dei Medi, un antico popolo che viveva nell’attuale Iran, mentre sulla parte anteriore del cocchio, in primo piano, spicca una effige di un’antica divinità egizia, il dio Bes ed era proprio a questo dio, che veniva affidata la salvaguardia del cocchio, prima di affrontare un lungo viaggio. Il sistema dei trasporti può dire molto su uno Stato e un popolo ed il nostro cocchio ci dice molto sulla Persia Imperiale. E’ costruito per affrontare viaggi impegnativi: le ruote, alte come i cavalli, sono sicuramente progettate per resistere ed affrontare lunghe distanze. Viaggiava veloce, grazie a cavalli addestrati in modo da garantire velocità e resistenza e grazie alle ampie ruote che assicuravano la necessaria stabilità.
Le grandi strade sterrate dell’Impero erano transitabili con ogni condizione atmosferica e frequenti erano anche le stazioni di posta. Pertanto staffette, corrieri a cavallo, o con cocchi simili al nostro modellino e anche mercanti percorrevano in ogni senso il vasto impero A tal proposito, uno scritto di Erodoto, così recita “Non c’è niente al mondo che viaggia più veloce di questi corrieri persiani. Si dice che nelle stazioni lungo le strade vi siano uomini e cavalli uguali, nel numero, ai giorni richiesti dal viaggio. Un uomo e un cavallo per ciascun giorno. Non c’è niente che possa impedire a questi corrieri di coprire la tappa a loro assegnata nel tempo più veloce possibile: ne’ neve, ne’ pioggia, ne’ caldo, e nemmeno il buio”. Credo che nei secoli successivi l’organizzazione dei trasporti, sia pubblici che privati, sia stata influenzata anche dai cocchi che percorrevano le lunghe distanze dell’antica Persia, di cui nostro cocchio d’oro è documento storico prezioso.
Visto da vicino
COCCHIO
A due ruote: ogni ruota è realizzata con otto raggi. Sui cerchioni delle ruote sono visibili 26 teste di chiodo, equamente distribuite sulla circonferenza delle ruote; chiodi che, presumibilmente, servivano per il fissaggio del materiale di consumo del battistrada. I timoni sono due. Ogni timone è direttamente collegato all’assale delle ruote; entrambi i timoni, nella loro prima parte, dall’assale e fino al termine della cassa, sostengono la cassa stessa, pertanto non esiste alcun bilanciamento e metà del peso complessivo (timoni+cassa+equipaggio) si scarica sul garrese dei cavalli. L’auriga guida il cocchio stando nella metà destra della cassa. Il passeggero è un satrapo ed ha il sedile posto longitudinalmente nella metà sinistra della cassa, così da guardare lateralmente verso la parte sinistra della carrozza, presumibilmente verso la fila di sudditi allineati al bordo del percorso. Sulla barra alta del frontale decorato della cassa è montato un supporto di una testa di chiodo, simile a quelle delle ruote, presumibilmente per avvolgervi le redini a cocchio fermo. Un sedile corre dalla parte anteriore a quella posteriore dell’interno della cassa aperta nella parte posteriore.
ATTACCO
I timoni sono sostenuti da una unica barra (giogo) che passa sopra i colli dei 4 cavalli e che, presumibilmente, poggia sul garrese dei cavalli stessi. Il timone di destra è collegato al giogo tra il primo ed il secondo cavallo di destra. Il timone di sinistra è collegato al giogo tra il primo ed il secondo cavallo di sinistra. Sopra la barra sono posizionati quattro anelli, in corrispondenza dei colli dei cavalli In ogni anello passano due sole redini di comando (nell’anello del primo cavallo di sinistra è presente una sola redine (presumibilmente la seconda redine è andata perduta così come la gamba posteriore del primo cavallo di sinistra). Tra le coppie di anelli del giogo, sono inseriti motivi ornamentali a forma di ventaglio.
FINIMENTI
Le redini sono tonde e probabilmente realizzate con cuoio intrecciato o arrotolato. Su ogni cavallo è presente solo la briglia. Il giogo è collegato ai cavalli solo da semplici corregge, che circondano il collo di ogni cavallo. Non sono visibili altre parti di finimento.
CAVALLI
In proporzione all’equipaggio, i cavalli appaiono pony, con le code legate su se stesse in nodi. (Redazionale).
GRUPPO ITALIANO ATTACCHI - Associazione Sportiva Dilettantistica