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5 Febbraio 2025

Scopri l’utilità di alcune pratiche di mascalcia in corso di laminite

del Dott. Simone Ferrian


Fig. 1 – Anteriore ds: notare le incisioni a livello delle ammelle.
Nella veduta laterale notare la deformazione della punta e la crescita dei talloni, quest´ultima, normale.


Nella prassi di mascalcia della laminite cronica, ricorre spesso l’uso di praticare due incisioni a livello delle mammelle, di direzione obliqua e senso disto-prossimale (fig 1). Un’altra pratica è quella di togliere un parallelepipedo di corno nella regione della punta, pochissimi centimetri al di sotto del cercine coronario. Il parallelepipedo ha una lunghezza pari alla distanza fra le mammelle, un altezza di due, tre centimetri e uno spessore di circa un centimetro, equivalente allo spessore della stessa muraglia. Il corion o derma viene perciò a essere esposto.

Quest’ultima pratica avrebbe un duplice scopo: da una parte attuerebbe una decompressione dell’edema a livello della giunzione dermo-epidermica (fig 3), dall’altra servirebbe a permettere una corretta crescita della muraglia, senza il condizionamento del cuneo di tessuto (fig 2). Anche la pratica delle due incisioni alle mammelle ha lo scopo di permettere la corretta crescita della punta, onde evitare il condizionamento del cuneo di tessuto.


Fig. 2 – Notare il cuneo di tessuto compreso fra le frecce.



La tecnica dell’escissione del parallelepipedo di corno, ha senso non tanto nella fase cronica della laminite quanto in quella acuta, nel tentativo di decompressione dell’edema. Non è altresì possibile quantificare il beneficio derivante da questa pratica, sia perché facilmente sono concomitanti terapie farmacologiche, sia per la complessa anatomia della regione. L’edema infatti non è presente solo a livello della giunzione
dermo-epidermica, al contrario, gli stessi tessuti dermici ed epidermici risultano edematosi. La pratica dell’escissione del parallelepipedo di corno, è rivolta alla decompressione del liquido presente a livello della giunzione dermo-epidermica e non dell’edema tessutale.



Fig. 3 – Giunzione corion-cherafilloso. L´avulsione di un parallelepipedo di muraglia serve a decomprimere l´edema a livello della giunzione, non quello tessutale.




Nella patogenesi della laminite, è ormai assodato che l’ischemia sia una conseguenza del passaggio del flusso ematico attraverso shunts arterovenosi (fig 4), che escludono le lamine e gli organi cheratogeni dalla perfusione. All’ischemia segue una coagulopatia e un danno da riperfusione. Le lamine epidermiche vanno incontro a vacuolizzazione, picnosi, e disorganizzazione mentre le lamine dermiche sono congeste. La necrosi delle lamine provoca il distacco dell’ingranaggio corion-cherafilloso, permettendo alla terza falange di ruotare, a causa della tensione esercitata dal tendine flessore profondo delle falangi. Successivamente le lamine epidermiche divengono iperplasiche (Stashak), fino alla formazione del cosiddetto cuneo di tessuto (fig 2).


Fig. 4 -Vascolarizzazione del piede. Nella laminite gli shunts artero-venosi provocano l´ischemia che precede gli altri eventi patogenetici.



Alcuni ritengono erroneamente, che la crescita della muraglia a livello della punta, sia deformata (fig 1) a causa della presenza del cuneo di tessuto o del cherafillocele.
Questa credenza suggerisce agli stessi, che svincolando la crescita ungueale dal condizionamento del cuneo di tessuto, del cherafillocele e dalla tensione del tendine flessore profondo delle falangi, la muraglia possa ricrescere dritta, senza flessione in avanti e verso l’alto.

Ma perché allora la linea bianca, benché allargata, non più finemente striata, mutata nel colore e nella consistenza, continua ad apparire lamellare?
Non è possibile che la nostra interpretazione del fenomeno sia in qualche modo errata?
E se la crescita deforme della muraglia a livello della punta non fosse conseguenza dei mutamenti avvenuti in profondità? In effetti esistono cavalli, nei quali nonostante la rotazione della terza falange, la muraglia resta rettilinea (fig 5).


Fig. 5 – esempi di laminite senza eclatante disarmonizzazione nella crescita fra punta e talloni. Specialmente nella figura di sinistra il piede viene ad assumere la forma a punta lunga e talloni sfuggenti. Nella laminite, l´ischemia provoca il danno maggiore nella regione della punta, sia a livello del cercine coronario, che a livello dell´ingranaggio corion-cherafilloso.
Le regioni dei quarti e dei talloni vengono risparmiate. In tutti i casi di laminite c´è una diminuzione di crescita ungueale a livello della punta rispetto ai talloni. Questo fenomeno è proporzionale alla gravità della laminite ma comunque indipendente dall´effetto massa esercitato dal cuneo di tessuto.



Certamente una crescita deforme della muraglia in punta (fig 1), è segno di particolare gravità della patologia.
A parità di rotazione della falange distale, esistono cavalli che non presentano deformazione nella crescita della muraglia in punta, mentre altri si. Ciò sembra suggerire, che la deformazione nella crescita della muraglia a livello della punta, sia un evento indipendente benché concomitante agli altri mutamenti podali, in corso di laminite.

Fermo restando che, sia la necrosi a livello corion-cherafilloso, sia il danno nel cercine coronario, siano dovuti agli stessi eventi patogenetici, la deformazione della muraglia a livello della punta, non è dovuta alla presenza del cuneo di tessuto, bensì al danno trofico del cercine coronario.

La deformità della regione della punta è perciò dovuta a un deficit di produzione ungueale.
In tal senso come riporta Stashak (da Johnson 1982), la crescita della muraglia a livello della punta, è alterata “poiché la diminuzione dell’apporto di sangue e della sintesi di cheratina si verifica in questa regione”.
Molti cavalli affetti da laminite cronica, presentano infatti una crescita non armonica dell’unghia fra punta e talloni. Precisamente, mentre l’organo cheratogeno del cercine coronario produce a livello dei talloni circa un centimetro al mese, la crescita in punta è ridotta a solo pochissimi millimetri al mese. (fig 1)

Al contrario, in quei cavalli che presentano rotazione della terza falange con formazione del cuneo di tessuto, senza disarmonizzazione della crescita ungueale fra punta e talloni, lo zoccolo viene ad assumere la conformazione “a punta lunga e talloni sfuggenti” (fig 5). Diviene facile capire allora, che la crescita deforme della punta (fig 1), sia un evento indipendente dai mutamenti podali profondi, e vada considerato come un danno dell’organo cheratogeno del cercine coronario, a livello della sola punta. Come noto infatti, i talloni continuano a crescere un centimetro al mese, a dispetto della punta.

Fig. 6 – Esempio di compressione settoriale da difetto di appiombo. La porzione mediale della muraglia cresce meno ed è più dritta,
per compressione del cercine.



Analogamente alle forme degenerative dell’organo cheratogeno del cercine coronario, come crescita ungueale stentata, compressione settoriale da difetti di appiombo (fig 6), senilità, oppure negli esiti cicatriziali da avulsione (fig 7) o da lesione interessanti lo stesso cercine coronario, è possibile l’applicazione topica di pomate iodo-iodurate o altri rubefacenti e vescicanti, nella speranza, spesso disattesa, di un maggiore ricambio e proliferazione cellulare. Superfluo dire che nel deficit di crescita della punta, il vescicante vada applicato a livello del cercine coronario, nella sola regione della punta.

Fig. 7 – Esempio di avulsione traumatica. Il corion podovilloso e l´epidermide del cercine sono dan neggiati; ne potrebbe risultare un
deficit parziale o totale nella crescita ungueale in questo settore.

Medico veterinario già maniscalco dal 1992. Le sue aree di interesse riguardano l'anatomia, la fisiologia, la patologia degli zoccoli del cavallo e da questi risalendo gli arti, comprendono tutti gli altri argomenti inerenti l'apparato locomotore.

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