Incontriamo Giuseppe Pigozzi, Segretario dell’Associazione ANACAITPR
(di Eleonora Origgi)
La nascita di questa razza risale al 1860, dopo l’unità d’Italia per una doppia esigenza:
– militare, a causa della mancanza di un cavallo italiano da tiro pesante per l’artiglieria
– agricola, per sopperire allo sviluppo sempre più imprenditoriale dell’agricoltura nella pianura padana
Carissimo Giuseppe, il nostro Cavallo Agricolo italiano ha una storia centenaria, da dove vorresti iniziare a raccontarcela?
Dalla sua nascita “ufficiale” sono passati ormai circa 100 anni. All’unità italiana uno dei problemi che si posero gli ambienti militari era la mancanza di produzioni autoctone di cavalli da tiro.
Una delle tipologie di cui si sentiva la mancanza era quella di un cavallo adatto al TIRO PESANTE RAPIDO richiesto dall’artiglieria.
Questa esigenza era peraltro condivisa dalle grandi aziende agricole d’impronta sempre più imprenditoriale che ricercavano soggetti validi per i trasporti aziendali e per i lavori agricoli complementari come l’erpicatura e la semina, oltre che per quelli attinenti alla fienagione.
Tra tutti i cavalli da tiro europei, perchè si è deciso di partire dal Bretone?
Furono effettuate diverse sperimentazioni di incrocio tra stalloni delle più rinomate razze da tiro europee e le fattrici locali della pianura del nord est, la cui referenza genealogica più diffusa era l’Hackney. I migliori esiti si ebbero con l’utilizzo di stalloni Norfolk bretoni, il progenitore del tipo Bretone Postier.
Meno adatti si rivelarono gli incroci con il tipo Belga-Brabantino o con le razze inglesi che originavano soggetti molto pesanti, con andatura da tiro pesante lento o poco predisposti al clima italiano. L’esito fu un tipo di cavallo medio pesante adatto al lavoro, brillante e dotato di resistenza fisica.
L’andatura d’impiego classica di questa tipologia di soggetti era il trotto e doveva essere dotato anche di impulso per rispondere alle esigenze militari del campo di battaglia.
Quale Deposito Stalloni gestiva la razza?
Quello di Ferrara è sempre stato il principale perché situato in quella che veniva considerata la zona d’origine del TPR.
Gli acquisti di stalloni CAITPR da parte dei Depositi di Crema e Reggio Emilia è iniziato negli anni ‘30. I Depositi del Centro sud quali Pisa, S. Maria Capua Vetere e Foggia iniziarono negli anni ‘50.
Come si è diffuso il Cavallo Agricolo su tutto il territorio nazionale?
Dopo la seconda guerra mondiale cessò del tutto l’interesse militare, ma anche quello agricolo nelle zone del Nord Italia a causa della progressiva motorizzazione dell’agricoltura più imprenditoriale.
Invece è andato crescendo l’interesse nelle zone del Centro sud dove il cavallo da lavoro conservava ancora un importante significato.
Da qui la diffusione di stalloni in tutta la dorsale appenninica e in Puglia. In particolare, proprio in Puglia, vennero acquistate numerose fattrici e si costituirono veri e propri nuclei di selezione in purezza.
Con gli anni ‘70 però anche questo sbocco di produzione iniziò a ridursi e si parlò di destinazione alla produzione di carne sulla falsariga, peraltro, di quanto già succedeva da qualche tempo in Francia.
Forse triste, ma va anche detto che, senza questa opzione di produzione, il CAITPR forse non esisterebbe più come razza intesa come tipo genetico basato su numerosità sufficientemente ampie.
La razza oggi come si presenta?
Sono in ANACAITPR dal 1985, periodo in cui si era nel pieno del discorso carne.
Però già a partire dalla fine deglin anni ‘90 è iniziato un lavoro di recupero del CAITPR anche per scopi diversi, più legati alla tipologia originale d’impiego, pur declinata in una società e in un sistema economico evoluti e al passo con i tempi.
Ma partiamo dal tipo morfologico ritenuto moderno.
La ricerca si è concentrata su un soggetto certamente più pesante di quello originale ma, come amo dire, un “soggetto pantografato” rispetto ai modelli storici.
Più ampio nei raggi scheletrici ma brillante nelle andature, dal trotto elegante, raffinato, corretto e solido nella struttura.
Altro aspetto importante che si sta affrontando è la cura del carattere, recuperando peraltro una tradizione dei nostri predecessori.
Molti allevatori sottolineano che il CAITPR è un cavallo disponibile, di facile addestramento e portato all’uomo con una brillantezza nei movimenti insospettabile per una razza da tiro.
Scherzando, ma forse non troppo, alle volte dico che, malgrado le riconversioni selettive della razza negli ultimi 40 anni, non siamo riusciti a rovinare questi aspetti caratteriali molto curati dai nostri nonni.
Come ci posizioniamo nel panorama equino nazionale?
Oltre a quello tecnico, il lavoro di ANACAITPR è proporre questo cavallo multifunzionale al pubblico. L’evento principale è Fieracavalli Verona dove la razza è presente con la propria Mostra Nazionale dal 1934.
Ma vi sono anche una serie di eventi territoriali principali dove la razza è sempre proposta sia con concorsi di modello che in attività equestri dimostrative che vengono organizzate in collaborazione con le Associazioni socie.
Si parla di Rustega (in provincia di Padova) in collaborazione con l’Associazione del Veneto, di Bastia di Ravenna in collaborazione quella dell’Emilia Romagna, di Gonzaga in cooperazione con l’Associazione di Mantova e dell’evento pugliese che si tiene a Noci (in provincia di Bari) che nasce dalla collaborazione con l’Associazione Pugliese.
Lo scorso anno a Fieracavalli avete debuttato con il Corso di Conduzione, è un modo per presentare il cavallo in chiave moderna?
Certamente è un appuntamento che cercheremo di ripetere perché mira al rafforzamento del binomio uomo/cavallo.
Si tratta di un semplice concorso di conduzione alla mano con una serie di ostacoli/passaggi obbligati e di momenti ad andature obbligatorie. É un approccio al CAITPR in chiave di cavallo da lavoro che però evidenzia, specie al pubblico, le ottime doti di carattere della razza di cui si diceva poc’anzi.
Molte razze da tiro in europa contano pochissimi esemplari, così non è per il TPR. Leggendo i dati del vostro libro genealogico, nel 2017 avete registrato 1000 nuovi puledrini e circa 300 puledri di 30 mesi.
Possiamo dire che un fattore chiave che contribuisce alla salvaguardia della razza risiede nel fatto che il sistema di allevamento ottimale è allo stato brado e che il TPR è un cavallo che si accontenta davvero di poco?
Si, il CAITPR è la seconda razza come numerosità tra quelle usualmente definite di origine agricola e autoctona.
Questa “tenuta numerica” è innegabile e principalmente legata al fatto che la carne ha salvato la razza.
Può essere difficile ammetterlo, ma obiettivamente è così, come dimostra il destino di altre razze da tiro europee che non hanno avuto questa “opportunità” e che si sono ridotte a poche centinaia di capi nel secondo dopoguerra.
A una razza così grande nel passato, cosa riserva il presente e il futuro?
Le possibilità di futuro sono legate alla polifunzionalità, può quindi essere impiegato:
– negli attacchi amatoriali e sportivi nelle categorie di concorso riservate ai cavalli da tiro, una cosa che in altri Paesi sta avendo diffusione;
– nel turismo per esplorare aree protette su calesse o carrozza, attività affascinante che vede il CAITPR proporsi come razza specializzata;
– nel lavoro boschivo che dovrebbe espandersi proprio per il rispetto degli ambienti a più delicato equilibrio, come accade in altri Paesi europei ma che vede già esperienze anche in Italia;
– come base materna nella produzione di muli pesanti molto adatti anch’essi al lavoro in zone difficili;
– nel lavoro agricolo: una nicchia che sembrava scomparsa e che invece sta vivendo un momento di interesse, specialmente in relazione alle produzioni biologiche ma anche per il maggior rispetto del terreno che i cavalli hanno rispetto ai mezzi meccanici;
– lascio per ultimo il ruolo più esteso, quello di “sentinella ambientale”, vale a dire un cavallo di facile allevamento adatto a vivere del territorio e nel territorio in zone di pascolo.
Un’attività di primaria importanza ambientale per la tutela dei territori italiani più delicati e difficili.
“contribuire alla salvaguardia di una razza, alla tutela di un patrimonio storico italiano, non è già un buon motivo per allevarla e sceglierla?”
Certamente non si può prescindere dalla passione e dall’interesse che suscita questa razza e dalla volontà di partecipare alla tutela e alla salvaguardia di un patrimonio zootecnico storico, motore di tanti vecchi e nuovi allevatori italiani.
Sotto un profilo più strettamente tecnico, ritorniamo al discorso del cavallo polifunzionale.
Il nostro compito come Ente di selezione della razza è quello di costruire cavalli di mole importante tipica di una razza da tiro, ma dotati di solidità, energia nei movimenti, raffinati ed eleganti pur in un quadro somatico importante e dotati di buon carattere.
Date queste basi, ogni appassionato potrà poi dedicarsi alle diverse attività che si sono appena elencate.
In fondo, la domanda che vogliamo suscitare in coloro che s avvicinano alla razza è:
PERCHE’ NON IL CAITPR?
Numero 3 Maggio / Giugno 2018