Con le modifiche della Costituzione all’art 9, tra i principi fondamentali di questo Paese, è stata aggiunta e sancita la tutela dell’ambiente e degli animali, “anche nell’interesse delle future generazioni”.
Più avanti, all’art 41 (capitolo dei Rapporti economici), la modifica apportata sancisce che l’iniziativa economica non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. Con questi nuovi dettami costituzionali la “questione animale” esce da una sorta di “ghetto” acquisendo la dignità, attenzione e importanza che merita e che da tempo anche noi sosteniamo.
Alla luce di questo importante cambiamento è facile intuire quale sia l’importanza strategica e sostanziale della nostra professione. Nel nostro codice deontologico il concetto di salute circolare uomo – animali – ambiente è esplicitato da tempo. Siamo garanti del rispetto delle leggi e delle norme nazionali e comunitarie che mirano a salvaguardare il benessere degli animali, siamo consapevoli dei loro bisogni.
Siamo punto di riferimento per tutti coloro che hanno a che fare con gli animali; siamo interlocutori primari per competenze scientifiche e responsabilità legali, per valutare e certificare stato di benessere, malessere e maltrattamento fisico e psicologico. Cosa possiamo fare oggi affinché i dettami costituzionali e deontologici non restino sulla carta, ma siano il motore della nostra assunzione di responsabilità quale raccordo tra esigenze e interessi di uomini e animali?
Dobbiamo prendere una posizione chiara e inequivocabile rispetto a situazioni e condizioni di allevamento e detenzione degli animali.
Iniziando coraggiosamente ad esprimerci sulle storture degli allevamenti intensivi, consapevoli che attualmente sono l’unica tipologia di allevamento in grado di coprire i fabbisogni alimentari e le esigenze proteiche delle società attuale.
Consapevoli che l’80% di quello che mangiamo è prodotto negli allevamenti intensivi.
Dobbiamo prendere una posizione chiara anche relativamente agli allevamenti dei pet, e di quelle razze che soggiacciono a mode e regole di mercato, ma sono un vero e proprio maltrattamento genetico.
Dobbiamo smarcarci da interessi economici che non sono i nostri.
Dobbiamo comunicare tutto questo ai cittadini che sicuramente sono attualmente più ricettivi e sensibili avendo vissuto il dramma della pandemia e dell’attuale guerra.
Se non lo facciamo noi medici veterinari, che abbiamo promesso solennemente di dedicare le nostre competenze e le nostre capacità alla protezione della salute dell’uomo, alla cura e al benessere degli animali, favorendone il rispetto in quanto esseri senzienti; di promuovere la salute pubblica e la tutela dell’ambiente, chi lo farà?
La strada è sicuramente lunga e impervia, ma è giunto il tempo di incamminarsi verso un futuro di sviluppo sostenibile.
A cura di Carla Bernasconi