a cura di: Daniela Mulas 03/06/2022
Dall’anno 2019, il 7 giugno si celebra la «Giornata mondiale della sicurezza alimentare» con l’obiettivo di accrescere la consapevolezza e l’attenzione mondiale sull’impatto negativo sulla salute pubblica attribuibile al consumo di alimenti contaminati e deteriorati.
Secondo le stime globali dell’OMS, infatti, ogni anno una persona su dieci si ammala per aver ingerito del cibo contaminato da batteri, virus, parassiti o sostanze chimiche.
È noto il ruolo della nostra professione a tutela della sicurezza degli alimenti, lungo la filiera che va dall’allevamento alla tavola del consumatore. I controlli ufficiali condotti con efficacia e appropriatezza costituiscono invero un’azione strategica di prevenzione delle malattie trasmesse dagli alimenti che passa anche attraverso l’educazione e la formazione del consumatore sui pericoli di una cattiva gestione domestica degli alimenti e sui modi per evitarla.
Il termine food security nasce in inglese. In italiano si traduce “sicurezza alimentare” ed ha un duplice significato. Viene utilizzata sia per definire la sicurezza igienico-sanitaria del cibo, le norme sulle tecniche di coltivazione e sui metodi di produzione, la composizione di cibi, il rispetto degli obblighi di etichettatura e di informazione dei consumatori, sia la sicurezza intesa come accesso, disponibilità, effettiva presenza di cibo.
Tali concetti sono richiamati anche nell’Agenda 2030 in cui l’Obiettivo 2 afferma come scopo principale quello di porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare l’alimentazione e promuovere l’agricoltura sostenibile.
Non dobbiamo infatti dimenticare che l’esistenza di un «diritto di ogni essere umano all’accesso al cibo sicuro e nutriente, in linea con il diritto ad una alimentazione appropriata e il fondamentale diritto di essere liberi dalla fame» deve andare di pari passo con il diritto/dovere all’alimentazione sostenibile, prerequisito per la salute del pianeta e la sopravvivenza dell’uomo.
Ne deriva che anche per la nostra professione si impone oggi la necessità di farsi parte attiva nel reimpostare i sistemi alimentari dal campo alla tavola, dal momento che gli stessi si stanno dimostrando incapaci di fornire cibo sufficiente ed equo per tutti e al contempo stanno costituendo un onere insostenibile per gli ecosistemi e le risorse naturali.
Recenti studi hanno evidenziato che diete sane e sostenibili possono ridurre fino al 46% la perdita di fauna selvatica, di almeno il 20% le morti premature e di almeno il 30% le emissioni di GHG legate al cibo. Un’alimentazione sostenibile può accelerare la riduzione della povertà e l’inclusione sociale, aumentare l’equità e la giustizia, garantire a tutti l’istruzione e l’assistenza sanitaria, promuovere la tutela della biodiversità, favorire la sicurezza idrica e la mitigazione nonché l’adattamento ai cambiamenti climatici.
Trasformare i sistemi alimentari è una delle soluzioni più efficaci per ripristinare gli ecosistemi naturali e adattarsi, mitigandoli, ai cambiamenti climatici mediante pratiche agricole più sostenibili.
La conoscenza profonda delle diverse realtà dell’allevamento e delle produzioni alimentari ci colloca in prima linea nell’azione strategica sulla sicurezza dell’alimento e sulla sicurezza alimentare; occorre lavorare per una attenta revisione dei settori di nostra competenza, allevamento e produzioni animali, al fine di promuovere lo sviluppo di politiche adeguate alle circostanze locali progettate per dare impulso a una crescita equa e serve adoperarsi affinché siano adottate misure capaci di far si che i produttori siano i principali beneficiari della continua crescita del settore zootecnico.
Una maggiore attenzione al benessere degli animali (grazie anche all’impiego di una alimentazione non artefatta, modalità di allevamento meno intensive e più rispettose della loro dignità) potrebbe, di riflesso, migliorarne la coesistenza con il genere umano, rimettendo ovviamente alla decisione del singolo individuo di rinunciare al consumo di alimenti di origine animale.
Il tema della sicurezza alimentare torna fondamentale nel creare condizioni necessarie a raggiungere una maggiore autonomia strategica agroalimentare.
In questo scenario il medico veterinario può e deve farsi promotore del rinnovamento mettendo le sue conoscenze e competenze a disposizione del decisore politico con l’obiettivo di guidare il cambiamento stesso. Occorre una strategia alimentare globale che garantisca cibo sostenibile e di qualità che ci deve vedere al centro dell’azione, nel nostro ruolo di attori del sistema di prevenzione con un approccio e modalità operative di salute unica e medicina unica per uomo, animale e ambiente.