Tra uomo e cavallo ci sono molte cose da controllare e una molto importante quando siamo sul cavallo e’ l’equilibrio.
Inizialmente il cavallo era il nostro mezzo di trasporto, mentre adesso lo usiamo negli sport equestri.
L’equilibrio permette ad un individuo di controllare la propria massa, e di disporne in maniera ottimale, in funzione del movimento effettuato insieme al cavallo.
Gli permette anche di mantenere una postura, esercitando tensioni muscolari che, in condizioni normali, avvengono in modo inconscio, o in modo conscio in situazioni eccezionali.
In quest’ultimo caso, si parla di mantenimento statico nello spazio delle varie parti del corpo. L’equilibrio ha una forte influenza sul cavallo. Ogni sport equestre ha diversi movimenti.
Nella mia vita ho fatto salto, dressage, endurance, polo, corse al galoppo, tiro con l’arco a cavallo, caccia alla volpe e parate e ho sperimentato tutto con le selle e le briglie, cosa che mi ha fatto capire l’equilibrio.
La sella ci tiene sul cavallo e non ci fe toccare la sua spina dorsale, che è una cosa importante. Ogni disciplina equestre ha un tipo di sella, ed e’ importante che la sella sia adatta alla dimensione del cavallo senza produrre problemi muscolari.
Bisogna anche non stringere troppo la cinghia che potrebbe produrre problemi di respirazione e muscolari.
Le informazioni utili alla gestione del proprio equilibrio vengono fornite da diversi fattori sensoriali, quali il tatto, la vista, i canali semi-circolari dell’orecchio interno.
Tutte queste informazioni generano risposte motrici, ossia adattamenti fisiologici, posturali e muscolari atti a mantenere appunto l’equilibrio, e l’attuazione di queste risposte potremmo definirla come “presa di equilibrio”. Nello studio e nell’ottimizzazione di una qualsiasi attività fisica è forse quest’ultimo concetto che ci interessa, più che la definizione vera e propria di stato di equilibrio.
Uno dei grossi dilemmi dell’equitazione occidentale pare che sia, per l’appunto, la gestione e l’efficacia della presa di equilibrio: partendo dal presupposto che ogni essere vivente, allo stato naturale, è in grado di esercitare in modo ottimale la presa d’equilibrio, in che modo il peso di un cavaliere può influire sulla capacità del cavallo di gestire il proprio equilibrio.
Gran parte dei metodi di addestramento si fanno carico di questo problema, e propongono la propria soluzione al dilemma.
Ogni disciplina equestre ha diversi equilibri.
Si dice che per il cavallo portare in groppa un cavaliere non sia un fattore naturale, e che quindi l’animale non debba poter essere in grado di gestire la situazione, in virtù di questo fatto.
Vero, portare un cavaliere non è naturale… ma come diceva qualcuno, “ciò che non è naturale può diventare normale”, assumendo il fatto che “normale” è ciò che è divenuto abituale, non provoca più soprese, disagi o incapacità di gestione da parte del soggetto interessato.
E “normali”, in questo senso, lo diventano molte, moltissime cose che non sono “naturali”. Ogni essere vivente ha, nel proprio DNA, una capacità innata di adattarsi e di gestire il “normale”, oltre che il “naturale”.
In realtà, in virtù di questa capacità, qualsiasi cavallo sarà in grado di trasportare senza problemi un cavaliere, a patto però che vengano rispettate alcune condizioni:
- che il peso del cavaliere rispetti una determinata proporzione rispetto a quello del cavallo (20-25%)
- che la distribuzione, l’applicazione del peso sia funzionale
- che la massa del cavaliere sia più possibile solidale a quella del cavallo (coincidenza e avvicinamento dei baricentri)
- che non ci siano problemi tra cavallo e cavaliere.
Rispettate queste condizioni, il trasporto del cavaliere smetterà ben presto di causare problemi alla presa di equlibrio di un cavallo sano e normalmente dotato. A patto anche, però, che il cavaliere di cui sopra sia più possibile “passivo”, e in accordo con il movimento e le azioni del cavallo.
Non è il trasporto del cavaliere in sella, quindi, che causa effettivamente problemi all’equilibrio del cavallo, ma piuttosto le sue azioni.
O ancora di più la mancanza di accettazione di queste azioni da parte del cavallo.
Nel momento in cui il cavaliere abbia avuto modo di far comprendere al cavallo il movimento o il lavoro richiesto, e questo sia in grado di eseguirlo senza ulteriori interventi da parte del cavaliere, non avrà neanche problemi ad assumere l’equilibrio a lui più congeniale, e ottimale all’esecuzione del lavoro. Più il lavoro richiesto è congeniale e naturale (e prevedibile) per il cavallo, meno il suo cavaliere dovrà preoccuparsi di gestire anche la presa di equilibrio o la postura della sua cavalcatura (a patto che il cavaliere stesso impari a non costituire un fastidio praticamente nullo per il suo cavallo).
Più il cavallo dovrà rendersi disponibile a richieste diverse e non prevedibili (come nel lavoro di alta scuola, ad esempio), più il cavaliere dovrà farsi carico di trasmettere anche l’indicazione relativa all’equilibrio che sarà richiesto di volta in volta.
Di conseguenza, la gestione e il controllo dell’equilibrio fanno parte di un’equitazione già specializzata (esecuzione di figure complesse a comando), e non di una formazione di base come comunemente si crede (gestione del peso in sella, esecuzione delle andature).
Autrice del libro: HUMAN HORSE SENSING. Tra uomo e cavallo, il movimento è comunicazione. Edizioni Equitare
Riassumendo, per alcuni tipi di equitazione sarà più importante studiare il modo di acquisire il controllo diretto dell’equilibrio del cavallo, per altri quello di costituire una presenza più neutra e solidale, possibile per il proprio animale, in modo da consentirgli di sviluppare al meglio la propria capacità di adattamento motorio.
Questa distinzione è importante, perché in alcune situazioni un cavallo abituato a non avere il controllo della propria massa diventa persino pericoloso, mentre viceversa un cavallo considerato affidabile e sicuro in alcune attività può essere gestibile e soddisfacente laddove il cavaliere si aspetti di avere una rispondenza immediata alle proprie indicazioni in materia di equlibrio e postura.
Entrambe le qualità si allenano, si affinano, si coltivano, e queste metodiche costituiscono una parte importantissima del tipo di addestramento che sceglieremo di attuare, oltre che incidere sulle priorità, e cioè su cosa insegneremo per primo ai nostri puledri.
L’articolo completo è pubblicato sulla rivista INFORMA n. 3/2025