ricovero equino stato brado

Buon giorno, vorrei avere indicazioni su come viene definito "legalmente" un riparo per un cavallo allo stato brado. Le spiego: il comune mi obbliga a mantenere una distanza di 80 mt dai vicini per la realizzazione di un "RICOVERO PER ANIMALI"(Mt che io non possiedo). Mentre il mio cavallo è mantenuto allo strato BRADO e non viene chiuso nel box neppure di notte. Vorrei capire se dando una diversa definizione posso ovviare al problema (visto che sono due anni che possiedo il cavallo, ho il nr di stalla e il servizio veterinario non ha alcuna obiezione sulla cura dell’animale) … solo i vicini hanno fatto una denuncia al comune..

  • Ospite ha scritto 10 anni fa

La legge stabilisce delle distanze minime tra una costruzione e l’altra che devono essere rispettate, salvo determinate eccezioni. Così facendo si evita la creazione di spazi angusti ed insalubri tra edifici che potrebbero compromettere la sicurezza e la salute delle persone. La violazione delle norme in materia di distanze comporta che la costruzione effettuata ad una distanza minore deve essere arretrata alla distanza prevista dal codice o dai regolamenti comunali (anche mediante abbattimento di tutto o di parte della costruzione) oltre al risarcimento del danno a carico di colui che ha subito la violazione.
Il Codice civile, all´art. 873, stabilisce che la distanza minima tra una costruzione e l´altra deve essere di tre metri. Il Codice Civile, inoltre, stabilisce che i regolamenti locali possono stabilire una distanza maggiore di tre metri; generalmente i piani regolatori e i regolamenti edilizi comunali prevedono distanze maggiori rispetto a quella minima prevista dal Codice.
Quando il Codice civile parla di rispetto di distanze minime tra costruzioni, non si riferisce soltanto alle case. Il concetto di costruzione è più ampio e si riferisce a tutte le opere che hanno i requisiti della solidità, stabilità ed immobilizzazione rispetto al suolo. In sostanza la norma trova applicazione non soltanto nei riguardi degli edifici e delle strutture realizzate con muri di cemento, ma nei confronti di ogni manufatto che emerga in modo sensibile al di sopra del livello del suolo e che abbia caratteri di solidità e compattezza.
In materia di violazione delle distanze tra costruzioni previste dal Codice civile o dalle norme contenute in regolamenti edilizi comunali o in altri strumenti urbanistici, al proprietario confinante che lamenti tale violazione compete, oltre ad una eventuale tutela risarcitoria per il danno subito, una tutela cosiddetta "in forma specifica", finalizzata cioè al ripristino della situazione antecedente al verificarsi dell´illecito.
Chi ha subito la violazione può dunque richiedere ed ottenere la rimozione/demolizione o l´arretramento dell´opera costruita in violazione delle distanze minime. Una volta richiesta la riduzione in pristino, però, il proprietario non potrà più richiedere il risarcimento danni, se non per i danni causati dall´opera illegittima prima della sua demolizione o del suo arretramento.
Si precisa che l´unico soggetto che può proporre la domanda di riduzione in pristino a seguito di violazione delle distanze legali è il proprietario dell´immobile, rispetto al quale la distanza della costruzione eseguita sul fondo confinante sia inferiore a quella legale.

La legge stabilisce delle distanze minime tra una costruzione e l’altra che devono essere rispettate, salvo determinate eccezioni. Così facendo si evita la creazione di spazi angusti ed insalubri tra edifici che potrebbero compromettere la sicurezza e la salute delle persone. La violazione delle norme in materia di distanze comporta che la costruzione effettuata ad una distanza minore deve essere arretrata alla distanza prevista dal codice o dai regolamenti comunali (anche mediante abbattimento di tutto o di parte della costruzione) oltre al risarcimento del danno a carico di colui che ha subito la violazione.
Il Codice civile, all´art. 873, stabilisce che la distanza minima tra una costruzione e l´altra deve essere di tre metri. Il Codice Civile, inoltre, stabilisce che i regolamenti locali possono stabilire una distanza maggiore di tre metri; generalmente i piani regolatori e i regolamenti edilizi comunali prevedono distanze maggiori rispetto a quella minima prevista dal Codice.
Quando il Codice civile parla di rispetto di distanze minime tra costruzioni, non si riferisce soltanto alle case. Il concetto di costruzione è più ampio e si riferisce a tutte le opere che hanno i requisiti della solidità, stabilità ed immobilizzazione rispetto al suolo. In sostanza la norma trova applicazione non soltanto nei riguardi degli edifici e delle strutture realizzate con muri di cemento, ma nei confronti di ogni manufatto che emerga in modo sensibile al di sopra del livello del suolo e che abbia caratteri di solidità e compattezza.
In materia di violazione delle distanze tra costruzioni previste dal Codice civile o dalle norme contenute in regolamenti edilizi comunali o in altri strumenti urbanistici, al proprietario confinante che lamenti tale violazione compete, oltre ad una eventuale tutela risarcitoria per il danno subito, una tutela cosiddetta "in forma specifica", finalizzata cioè al ripristino della situazione antecedente al verificarsi dell´illecito.
Chi ha subito la violazione può dunque richiedere ed ottenere la rimozione/demolizione o l´arretramento dell´opera costruita in violazione delle distanze minime. Una volta richiesta la riduzione in pristino, però, il proprietario non potrà più richiedere il risarcimento danni, se non per i danni causati dall´opera illegittima prima della sua demolizione o del suo arretramento.
Si precisa che l´unico soggetto che può proporre la domanda di riduzione in pristino a seguito di violazione delle distanze legali è il proprietario dell´immobile, rispetto al quale la distanza della costruzione eseguita sul fondo confinante sia inferiore a quella legale.

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