Di Elena Chiarentin, illustrazioni a cura di Sara Chiarentin, di cui pubblichiamo alcuni estratti:
Si credeva un tempo che la soluzione al problema cavallo fosse l’uso del morso, oggi sappiamo che la soluzione al problema cavallo si chiama Equitazione.
Senofonte
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Fra i tanti aspetti della gestione del cavallo che possono causare incomprensioni e dolore, uno in particolare è tanto evidente quanto spesso invisibile agli occhi di chi pratica l’equitazione ad ogni livello: l’impiego senza criterio di strumenti così complessi come le imboccature!
Lungi da me demonizzarne l’uso, ma di certo in tanti anni ho toccato con mano che la maggior parte dei cavalieri non hanno idea di come agiscano sul cavallo e dei danni immensi che possono provocare, anche da chi si sforza di usarle con mano “leggera”.
Lo stesso problema riguarda pure chi abbandona l’uso di imboccature a favore di attrezzature alternative, così dette “fuoribocca”, che agiscono su altri punti della testa in modo spesso non meno invasivo di uno strumento che agisce all’interno della bocca!
Il mio obiettivo è che, grazie a questo manualetto, ogni cavaliere possa essere più consapevole dell’attrezzatura che utilizza con il proprio cavallo, e sappia valutare cosa gli viene proposto dall’istruttore o dal mercato in modo coscienzioso, critico e logico. E soprattutto che – prima di punire o di mettere a tacere il cavallo – cerchi di comprendere il motivo del suo comportamento e il messaggio che sta cercando di comunicare.
Nel libro non troverete un semplice elenco delle imboccature e dei “fuoribocca” in commercio, anzi ce ne sono ben pochi (anche perché l’argomento è approfondito in altri testi più tecnici). Troverete invece l’analisi di come questi strumenti agiscano e interagiscano sul cavallo a livello fisico, meccanico e psicologico, in quanto solo dalla comprensione di tutti questi aspetti derivano scelte consapevoli ed efficaci.
Se pensiamo che l’imboccatura sia indispensabile, perché altrimenti senza morso il nostro cavallo ci prenderebbe la mano e scapperebbe, ciò significa che non abbiamo un rapporto di sana relazione con quel cavallo! Quel cavallo non vorrebbe essere lì con noi, non si fida, o prova dolore.
Questi meravigliosi animali, nonostante la propria mole, sono estremamente collaborativi con noi (purtroppo!) se diamo loro il modo e il tempo di comprendere, e se li poniamo in una condizione di benessere generale. Non ci può essere comunicazione mettendoli continuamente a tacere con mezzi coercitivi di ogni foggia: sarà solo un triste monologo o al massimo un dialogo tra noi e il nostro ego. La giusta relazione e il giusto rispetto reciproco fermeranno il vostro cavallo molto più facilmente di qualunque severo morso a leva in commercio!
Ricordiamo, inoltre, che il cavallo reagisce al dolore o alla paura che ne deriva con la fuga, e con quello che viene chiamato “riflesso di opposizione” (andare contro ad una pressione per trovarne sollievo o via di fuga); per cui l’effetto che avremo tirando ossessivamente le redini nell’illusoria idea di fermare un cavallo sarà quello di un cavallo che a sua volta si appoggerà con tutta la propria forza all’imboccatura per contrastarla e sfuggire alla sua azione, in una sorta di circolo vizioso che porterà ad una lotta continua tra noi e lui. Nel primo caso, il cavallo reagirà spingendo la testa in alto, “sopra la verticale”, o lanciandola in aria fino a sbattere pericolosamente contro il cavaliere. Spesso ovviamo al problema con l’uso di martingale fisse, abbassatesta di vario tipo, o con l’uso improprio di martingale a forchetta.
Questo tipo di finimenti, usati come mezzi di contenimento, non rimuovono le cause del disagio, anzi provocano rigidità muscolare: di conseguenza il cavallo svilupperà nel tempo problemi al dorso, per atrofizzazione dei muscoli dorsali (insellamento, dorso concavo) e a causa del fenomeno detto kissing spine per il quale i processi spinosi delle vertebre dorsali arrivano a toccarsi dolorosamente. In seguito potrà manifestare anche quelle che si definiscono “zoppie di bocca”, ossia zoppie dovute a posture di compensazione che il cavallo assumerà durante il lavoro nel tentativo di scaricare il peso dai punti dolenti, andando però a sovraccaricare altre parti del corpo.
Il restringimento della trachea creerà inoltre una pressione negativa negli alveoli polmonari con successivo versamento di sangue nei tessuti polmonari. Un’altra grave conseguenza del lavoro in iperflessione è lo schiacciamento delle ghiandole parotidi, poste sotto la gola del cavallo. L’ingrossamento delle parotidi dovuto alla loro infiammazione, il che è molto doloroso e può portare ad un indurimento progressivo e irreversibile di queste ghiandole! Tra gli altri effetti negativi dell’iperflessione possiamo elencare: lo stiramento dei legamenti cervicali, le turbe del sistema di controllo dell’equilibrio, il blocco dell’estensione dei muscoli ileo-spinali (dorso), la coda portata alta e rigida, e una locomozione difettosa.
“Più volte, di fronte a cavalli difficili, che scappano, notai che riducendo il dolore in bocca sostituendo il morso con un filetto, essi in breve tempo cambiavano carattere e acquisivano fiducia nel cavaliere.”, osservava Federigo Caprilli, padre del Metodo di Equitazione Naturale, alla fine dell’800. Sembra quindi assurdo che, ancora oggi, di fronte a cavalli che si difendono con la fuga si pensi che utilizzare imboccature più pesanti e coercitive sia la soluzione! Forse ritornare a studiare i Grandi maestri del passato sarebbe cosa saggia!
Se usiamo l’imboccatura per ottenerne il controllo, e non come strumento di fine comunicazione, otterremo cavalli che terranno la testa sopra o sotto alla verticale per sfuggire al dolore causato da una mano pesante o da un’imboccatura fastidiosa. Ricordate che la capacità e sensibilità del cavaliere si misurano soprattutto dalle attrezzature che sceglie di non usare, piuttosto che da quelle che impiega: Less is more! Usare meno mezzi artificiali, ma con più cognizione di causa, è già un grande passo sulla strada giusta! Solo con la giusta gestione, i giusti tempi, e il rispetto delle fasi di lavoro, potremo proporre al cavallo l’imboccatura più adatta senza dolore né sottomissione, perché avremo già consolidato relazione, rispetto ed educazione.
Inoltre, all’azione della mano andrebbe attribuito solo il 2 per cento sul totale degli aiuti naturali, eppure troppo spesso si vedono mani che incidono fino al 90 per cento sul controllo del movimento del cavallo, creando grossi danni. Oserei dire che il cavaliere moderno si sta trasformando in un essere con mani enormi e rigide e corpo instabile, in balia dei movimenti del cavallo: tutto il contrario dell’ideale di binomio che lavora in armonia! La mano in equitazione non ha il compito di tirare, come viene spiegato superficialmente nei corsi per principianti! Dobbiamo abbandonare il concetto dell’animale-macchina che va guidato qui e là tirando e speronando, e abbracciare invece una visione olistica dell’insieme cavallo-uomo: due esseri viventi che possono agire come un unico organismo, in cui l’azione delle singole parti si fonde per creare una perfetta armonia complessiva.
La mano in equitazione non ha il compito di tirare, come viene spiegato superficialmente nei corsi per principianti! Dobbiamo abbandonare il concetto dell’animale-macchina che va guidato qui e là tirando e speronando, e abbracciare invece una visione olistica dell’insieme cavallo-uomo: due esseri viventi che possono agire come un unico organismo, in cui l’azione delle singole parti si fonde per creare una perfetta armonia complessiva. La mano in una corretta equitazione, deve imparare a sentire. Soprattutto la mano deve, in senso più tecnico, creare un punto fermo su cui il cavallo si senta sicuro di poter chiedere e trovare appoggio senza percepire dolore. Un punto che raccoglie l’energia del movimento – scaturita dal treno posteriore del cavallo e sostenuta dall’aiuto di gamba del cavaliere – che aiuta a rilevare il dorso e a far fluire l’energia in avanti (come in una sorta di molla). Solo in questo modo si potrà, con la progressione del lavoro, raggiungere la “messa in mano” e la tanto ricercata riunione.
L’articolo completo è pubblicato sulla rivista INFORMA n. 4/2024