Qualche tempo fa mi aveva colpito un articolo pubblicato su ‘ilsole24ore.com’ il cui titolo ho preso oggi a prestito.
L’autore esordiva osservando che il settore zootecnico, pur coprendo una grossa fetta del Pil e dell’export italiano, sta facendo i conti con una massiccia riduzione del numero di medici veterinari che, sempre più frequentemente, dopo la laurea orientano la propria carriera verso attività non strettamente legate al mondo produttivo.
Tutto vero, ma sento di dover dissentire a proposito del rilievo che la carenza dei medici veterinari nel settore zootecnico sia un problema sottovalutato.
Non lo è affatto: almeno non lo è per la Federazione, che da quasi un decennio è impegnata in un’attenta analisi della demografia professionale al fine di rimediare alle attuali distorsioni della domanda e dell’offerta professionale e con l’intento di consolidare l’identità del medico veterinario ed indurre i decisori della programmazione e del mercato a trattare la professione senza travisamenti, ribadendo di essere al cospetto di una professione medica, rivolta alla salute pubblica attraverso la salute degli animali, degli alimenti e dell’ambiente.
FNOVI da sempre rivendica che la figura del medico veterinario è fondamentale per garantire la qualità e la salubrità diffusa lungo l’intera filiera produttiva e trasformativa agro-alimentare. Gli italiani si aspettano che i medici veterinari non si limitino a interventi di cura in caso di malattie, ma che siano stretti collaboratori degli allevatori per la costruzione di modelli di allevamento sostenibili e responsabili, capaci di garantire la massima qualità e salubrità dei prodotti per i consumatori finali.
Allora la domandi da porsi è: la programmazione e la didattica accademica sono adeguate? Da tempo FNOVI si sta adoperando affinché il numero delle immatricolazioni si avvicini quanto più possibile a quello della piena occupazione professionale; ma soprattutto da tempo sta chiedendo di rivedere i criteri selettivi che presidiano l’accesso al corso di laurea magistrale così da renderla meno generalista.
Nell’articolo, dal quale ho preso spunto per queste riflessioni, si legge della sfiducia in un cambiamento espressa dall’Accademia, ma FNOVI crede fermamente che il cambiamento debba partire proprio da una selezione qualitativa degli accessi ad un percorso formativo che, anche in ragione di una collaborazione a monte con il mondo produttivo, si caratterizzi per la presenza di indirizzi di studio più coerenti con le realtà produttive del nostro Paese, che deve proprio all’agroalimentare una bilancia commerciale in attivo.
FNOVI intende difendere la centralità della professione medico veterinaria e non intende perdere alcuna occasione di innovazione che possa garantire la giusta proiezione verso il futuro e continuerà ad adoperarsi affinché le sedi nevralgiche del comparto zootecnico, del benessere animale, della sicurezza alimentare – la produzione primaria, i luoghi della trasformazione, del controllo qualità – non siano disertati.
A cura di Daniela Mulas
07/07/2023