La slitta, nelle nostra vallate, in Friuli, veniva generalmente utilizzata nelle zone pedemontane e montane, sfruttando la pendenza dei percorsi, ma non va dimenticato che nei punti intermedi di piano andava trainata e nelle eccessive pendenze frenata.
Diversa era la denominazione delle slitte nel dialetto in base al loro utilizzo e anche alle specie vegetali utilizzate per la fabbricazione. C’erano slitte trainate a mano in inverno per trasporto fieno o legname, ma anche su terreno non innevato per traino frasche o concime. Andrebbero ricordati i solchi che il passaggio secolare delle slitte sulle parti rocciose dei sentieri. Con la neve ci si poteva permettere la scelta di itinerari più idonei con slitte trainate da animali e di passare anche sui terreni altrui, senza creare alcun danno. Nella comunità di Sauris/Zahre (1000- 1400 m s.l.m.), isola linguistica germanica, collegata al resto della regione con strade rotabili solo a partire dagli anni ’20 del Novecento, il sistema di trasporto a trazione animale è documentato ancora fino agli anni ’70-‘80 del secolo scorso.
Trasporto concime con le slitte. Sauris di Sopra, Marzo 1946 (foto a destra)
Nei mesi autunnali e invernali si usavano slitte per portare in paese legna o fieno di alta montagna, immagazzinato durante l’estate nelle hitn (fienili provvisori) o per trasportare il letame sui campi. Per il trasporto dei tronchi si usavano slitte di maggiori dimensioni, dotate di un avantreno mobile e trainate da cavalli. Dopo la costruzione della prima strada per Ampezzo (il centro più vicino, a 15 km) attraverso il passo del Pura, per il trasporto delle derrate alimentari e di altri generi non disponibili in loco, prima effettuato a spalla, si ricorse a slitte e carri. Ecco la vivace descrizione che il cronista locale Mario Plozzer fa della “Carovana Carradori”: «Inconfondibile e patetico quel suono di carri sferraglianti, di slitte stridenti sulla neve ghiacciata, quel ritmico scalpitar di zoccoli e tintinnar di finimenti; quanto note quelle voci urlanti richiami ed ordini o rauchi e perentori incitamenti agli stanchi e sfiatati equini!».
(Coll. Ervino Wedam., Malborghetto/Valbruna – anni ‘50)
Nel tarvisano era usanza nelle famiglie di contadini di adoperare le mucche per tirare le slitte perché garantivano anche latte e formaggi e davano un reddito regolare, erano più facili da gestire per le donne, su cui spesso pesavano i lavori agricoli, dato che gli uomini andavano “a fare la stagione” in Austria.. Dopo gli anni ‘60, i contadini iniziarono ad adoperare anche i cavalli. Sempre nel tarvisano nella miniera di Raibl, dove si estraeva piombo, i muli erano impegnati all’interno delle gallerie a tirare carrelli Il mulo trasportava dietro di se 5 carelli che vuoti pesavano 750 kg ed andavano a contenere fino a 600 litri di materiale. Il trasporto con neve in inverno fuori dalla miniera veniva garantito da muli che tiravano slitte. Preziosi ricordi di slitte, immagini di fatiche da conservare nel cuore di chi le ha vissute e nella mente delle nuove generazioni.
di Diego Verzegnassi. Photo credits: Piussi Marisa e Francesca, Mauro Polentarutti. Si ringraziano Amministrazione Musei Travisio e il Comune di Enemonzo