Amici ed appassionati di carrozze e cavalli, non scrivero’ di interessanti gite in carovana, di passeggiate in carrozza alla riscoperta di luoghi impossibili da raggiungere in auto, di festosi raduni con tanto di pranzo conviviale. Mentre il mondo intero sta facendo i conti con una realtà imprevista, in cui tutti siamo costretti ad imparare un diverso approccio con i nostri affetti e passioni, vorrei portarvi con me in una uscita “in solitaria”, durante la quale saliremo in carrozza dalle pendici del monte Pancali, sino sull’altipiano dei monti Iblei, al confine con il territorio di Sortino nel siracusano
A volte non è indispensabile essere in tanti per trascorrere una bella giornata, ci si può divertire anche in pochi, così la solitudine, imposta dalle note circostanze, non è necessariamente una situazione negativa, forse questa condizione indesiderata ci svelerà una diversa visione di quanto ci sta attorno, regalandoci squarci della profondità, che custodiamo dentro di noi. Oggettivamente l’idea di questa passeggiata trae spunto da una delle tante gite, che non trovano l’occasione per realizzarsi, scaturisce prepotentemente dalla semplice constatazione mattutina di magnifiche condizioni meteorologiche che non possono andare sprecate, insomma, una opportunità decisa dal fato, al quale non ci si può sottrarre.
Di buonora mi trovo in scuderia ed ho già preparato la mia vecchia “biroccetta” in legno super leggera, adatta alle lunghe percorrenze; Nino, il compagno a quattro zampe delle mie domeniche, sta ultimando la sua razione di fieno mentre io e mia figlia Clara finiamo di caricare le poche cose che ci serviranno per il viaggio: longia e capezza, una manciata di biada, secchio e spugna, bottiglietta d’acqua e pane condito sale e olio… Siamo pronti, siamo solo in tre ma determinati… si parte! Il percorso ci è ben noto, sono circa 10 km in andata più ritorno, molte volte lo abbiamo percorso con tante carrozze, insieme a tanti amici; oggi, però, è la prima volta che ci avventuriamo in questa solitaria scalata, che nella parte centrale dell’itinerario, presenta un dislivello di circa 350 metri su un tracciato di 2 chilometri.
Stamattina, sulla strada provinciale il traffico della domenica è davvero ridotto, solo qualche auto che ci sorpassa prudentemente, uno sparuto gruppo di ciclisti ci saluta; lungo la discesa della “Mannara”, Nino sembra avvertire la responsabilità della sicurezza dell’attacco e rimane ben concentrato a frenare; sono solo poche centinaia di metri, prima di iniziare a trottare su una leggera pendenza, che dopo circa 4 chilometri ci porta ai piedi del monte Pancali, alle porte di Carlentini, cittadina storica fondata dal Carlo V. Il calore del sole non si avverte ancora e questa prima parte del percorso si è rivelata ideale per far raggiungere al cavallo la giusta temperatura e spezzare il fiato; vorrei fermarmi al solito bar per un caffè, una raviola ripiena di ricotta, ma questi non sono tempi… Ora la salita, quella vera, incombe e non vogliamo farci sorprendere dal caldo nel pieno della fatica.
Andiamo, ci rifocilleremo all’arrivo! La strada comincia a salire, Nino serra il passo e aggredisce il pettorale con maggior forza, alternando fasi di passo e trotto, laddove la pendenza lo consente. Il mio cavallo ora ha bisogno di tutto il mio sostegno, con il solo orecchio destro coglie ogni sibilo della mia voce, traendone energia per andare avanti; entrambi ci sentiamo coinvolti nello sforzo. Il respiro diventa uno e, via via che i metri scorrono sotto di noi, come i granelli di una clessidra, avvertiamo che la meta è prossima. Tra un po’ saremo sull’altipiano e, da lì, io e Clara potremo apprezzare la veduta della vallata, il premio per la nostra fatica. Finalmente il peggio è passato, la strada ritorna a essere più dolce e già vediamo con sollievo la sagoma delle costruzioni del vecchio borgo rurale che, con grande caparbietà, tenta di sopravvivere in un’epoca totalmente estranea alla sua realtà.
I grandi eucalipti ondeggiano alla brezza e ci aspettano per offrirci una meritata mezzora di riposo. È il momento del ristoro, staccato il cavallo, possiamo finalmente gustare il nostro frugale pane condito, Nino dopo aver consumato velocemente la sua biada, si concede un po’ di erba fresca; io e Clara siamo attratti dalla veduta della valle e i nostri pensieri si spostano veloci come nuvole nel vento. Nino starà riconsiderando tutta la sua fatica, forse pensa a quel tornante stretto dove ha dovuto davvero dare fondo a tutta la sua generosità; Clara scatta qualche foto. Io, ad una ad una, “spengo” alla mia vista tutte le nuove costruzioni, poche in verità, lasciando solo le vecchie masserie aristocratiche, ma anche le umili case dei pastori con i tetti squarciati e i recinti ormai diroccati dal tempo e dall’abbandono, mentre il borgo, alle nostre spalle, con la sua chiesa i suoi palazzi istituzionali, sembra essere l’ultimo custode di quella ruralità ormai estinta.
Che meraviglia! Sparute mandrie punteggiano i prati scoscesi e il suono amplificato dei campanacci echeggia festoso sin quassù. Trenta minuti non sono tanti, ma bastano per rompere la fatica e riprendere fiato pienamente; non possiamo attardarci oltre, i muscoli e le articolazioni del nostro compagno a quattro zampe non devono raffreddarsi troppo: è il momento del ritorno, un ritorno tutto in discesa, nella quale ci tufferemo con le tirelle totalmente in bando, in completa scioltezza, fidando sui ramponcini dei ferri di Nino. È proprio vero: “in discesa tutti i santi aiutano”, la fatica e il tempo di percorrenza sono notevolmente inferiori rispetto all’andata e, nel volgere di breve, eccoci giunti al cancello del Porrazzito.
Grazie Nino! Ancora una volta abbiamo concluso serenamente la nostra avventura, adesso per lui solo fieno e relax. Io e Clara ci scambiamo un sorriso di soddisfazione. E voi Amici, che ne pensate? Pur con le limitazioni della pandemia, siamo riusciti a godere di cose semplici, ma non di poco conto. È proprio vero che in carrozza si viaggia col cuore, si viaggia con l’anima e con la fantasia.
Testo e foto di Salvatore Carco, Presidente ASA