I miei ricordi di cavalli e carrozze incominciano da quando ero bambino, e a questo mondo sono rimasto legato fino a ora. Nel 1981 ho iniziato la mia carriera lavorativa al Centro Regionale di Incremento Ippico di Crema e tra le mie mansioni vi era la preparazione e l’impiego degli stalloni agli attacchi, e la cura della rimessa carrozze. Con molto piacere ho passato 30 anni della mia vita tra cavalli carrozze, finimenti e.… fruste.
Gli stalloni dopo la stagione di riproduzione, da febbraio a luglio, dovevano essere tenuti in movimento, quindi venivano montati, lavorati alla longe, o attaccati e questo era il mio lavoro. Ho attaccato Haflinger, Murgesi, TPR, Lipizzani, Franches- Montagnes e vi era sempre una pariglia di Polacchi o Ungheresi, sono stati ospitati per diversi anni gli Hackney del conte Moroni e il Dott. Vergani è stato uno dei miei tanti maestri. La frusta era un “attrezzo di lavoro” e nel mondo degli attacchi è considerata la “terza redine”: il suo impiego è sempre un aiuto e mai una punizione, ma deve essere una buona frusta, bilanciata, robusta e possibilmente bella. Solo quelle fatte sino alla fine dell’800 e ai primi anni del ‘900 da famosi artigiani inglesi rispondevano a quelle caratteristiche, ma non potendo usare tutti i giorni le vecchie fruste conservate in rimessa, ho iniziato a costruire fruste con i materiali e le tecniche classiche.
L’esperienza è cresciuta anche riparando vecchie fruste, cercando di capirne i segreti, e negli anni, ho conosciuto sellai e conciatori, ottimi artigiani argentieri, cesellatori, liutai, e in particolare i consigli di una signora inglese famosa costruttrice e restauratrice di fruste, ora non più in attività. La ricerca di vecchi testi inerenti alle carrozze e la loro guida ha aiutato molto, in molti di loro vi è un capitolo dedicato alle fruste. Le fruste da carrozza, come le conosciamo oggi, fanno la loro comparsa nel XVIII secolo, quando la produzione di frusta è diventata un’industria riconosciuta. In Inghilterra, nel Northamptonshire, Daventry è stato il centro dell’industria della frusta in quanto la piccola città era l’incrocio di quattro importanti strade principali su cui vi era un flusso costante di Coach. Era in questo centro dove guidatori professionisti acquistavano, o riparavano, le loro fruste. Nel continente Europeo, è presente anche un altro tipo di frusta, quella che, a differenza delle frusta “a pioggia” o “all’inglese”, viene chiamata “frusta spezzata” tipica della tradizione ungherese, ma che si è diffusa anche nelle altre nazioni.
I LEGNI
I legni “classici” usati e più volte descritti nei vecchi testi sono: agrifoglio, prugnolo, tasso, noce bianco americano. E’ doveroso fare chiarezza, se ancora ce ne fosse bisogno, sulla definizione “in legno di rosa”, come spesso vengono chiamate alcune fruste. Con “legno di rosa” non si intendono le rose dei giardini, quelle sono adatte a un omaggio floreale, non a farne delle fruste, ma legni di piante appartenenti alla famiglia botanica delle Rosacee. Principalmente il prugnolo (Prunus spinosa) e l’agazzino (Pyracantha angustifolia). Il legno principe nella tradizione inglese è l’agrifoglio (Ilex aquifolium), ha le caratteristiche di leggerezza e resistenza richieste per una frusta, anche questo legno presenta delle protuberanze che si rivelano utili per l’avvolgimento del lungo cordone delle fruste da tiro a quattro. Sono tutti legni con fibre lignee compatte e resistenti che non hanno una frattura netta (cosa indispensabile per una frusta), hanno inoltre una bella “grana “che si valorizza con la lucidatura.
Per la “frusta spezzata” i legni sono il bagolaro (celtis australis), per le fruste italiane o francesi, il rattan (Calamus rotang) specie di palma rampicante, tipico delle vecchie fruste ungheresi, oggi non più prodotte. Non è una cosa semplice trovare i legni adatti, le piante selvatiche nascono dove vogliono in un bosco, e questo comporta vagare per diverso tempo e spesso in posti non facili da raggiungere, nelle mie montagne i sentieri stanno scomparendo come le persone che li hanno segnati e percorsi. Il momento migliore per il taglio è in inverno, quando la pianta non vegeta, dopo le prime nevicate. In questo periodo se si è fortunati si possono trovare gli agrifogli con il “morso del coniglio”, gli animali selvatici quando nevica, non trovando erba, rosicchiano la corteccia e lasciano qualche segno nel legno che poi diventerà il manico della frusta. Altre volte si può trovare un legno che può diventare una frusta a “gamba di cane”, così chiamata per la particolare forma del legno.
In origine era la frusta dei giorni di pioggia, perché le gocce scorrevano verso il basso fino a quando trovavano la piega e non bagnavano il manico, è poi diventata una frusta particolare usata per la guida di carrozze sportive. Il trovare i bastoni adatti è solo l’inizio, e sono un po’ come il buon vino, dovranno aspettare dai 3 ai 5 anni per una stagionatura lenta e naturale, più le fibre sono compatte più tempo necessitano per la stagionatura. Non ci sono scorciatoie, e non tutti i legni arrivano alla fine ma possono rovinarsi prima e finire nel camino. Ci sono alcuni modi di conservare i bastoni durante l’essicazione, si possono legare vicino a un supporto rigido e diritto, o se sono tanti in piccoli fasci stretti tra di loro, in questo modo vengono appesi per evitare brutte curvature.
Al momento di togliere la corteccia bisognerà incominciare a dare una certa conicità al bastone, e quindi servono: una lima, carta vetrata, olio di gomito, molta pazienza e tempo…. A questo punto incominciano i trattamenti del legno, con oli e sostanze varie per proteggere il legno dai tarli e dalle spaccature causate dall’umidità, una frusta viene usata anche in giorni di pioggia. Ogni artigiano ha le sue ricette e procedure, è un passaggio fondamentale e lungo perché il legno deve ricevere vari strati di oli e asciugare completamente, non si può avere fretta. Non mi piace usare prodotti chimici, hanno il difetto di non penetrare in profondità nel legno e diventare parte di esso, cosa che fanno i vari tipi di oli. Per la colorazione del legno, personalmente preferisco i colori della tradizione, quelli che vedo nelle vecchie fruste in musei e collezioni, dal giallo “Swaine & Adeney” (il più famoso costruttore inglese) a 2-3 gradazioni di marrone, qualche volta il nero, che è pur sempre un colore elegante. Una volta trattato e colorato il nostro legno arriva alla lucidatura finale, che può essere lucida con gommalacca o in “patina” con varie cere per un aspetto meno brillante, come quello delle vecchie fruste ben conservate. Devo ringraziare i restauratori e i liutai che ho incontrato negli anni che mi hanno aperto, almeno in parte, le porte della loro arte.
IL MANICO
La lunghezza del manico deve essere comoda per permettere di trovare con la mano la presa più piacevole. Il baricentro di una frusta all’inglese non è mai nel manico ma generalmente spostato in avanti circa 20 cm dalla ghiera, il peso finale della frusta non deve influire sulla “bilanciatura” della frusta. Ci possono essere fruste più pesanti ma comunque ben bilanciate, il più o meno pesante dipende dal gusto personale di chi guida o se è una mano gentile di una signora o la presa decisa di un gentleman. Il manico può avere o una leggera conicità o essere completamente cilindrico, questa scelta è per avere il perfetto bilanciamento finale della frusta. Non amo i manici rivestiti come le racchette da tennis, sicuramente incollare una striscia di pelle è molto più semplice e richiede meno tempo che cucirla a mano, e non sono questi i manici che si vedono nelle vecchie fruste inglesi. È una delle differenze tra una frusta commerciale e una fatta con il procedimento tradizionale inglese, che prevede che la cucitura sia perfettamente rettilinea e il numero di punti varia da 12 a 14 ogni 2,5 cm (1 inc.) a seconda del pellame usato.
Il rivestimento classico è in pelle di cinghiale, viene usata anche per la selleria esterna delle carrozze in quanto non si rilascia anche se bagnata, ma sono stati usati pellami di tipo diverso, da quello di razza (Galuchat) allo struzzo, o pelli esotiche, tutto dipende dal gusto personale. L’avorio ha certamente un suo fascino, ma fortunatamente ne è stato vietato il commercio, in sostituzione uso un materiale nobile che è riconosciuto anche nel restauro museale, in quanto molto simile all’avorio naturale, sia al tatto che alla vista, anche il peso specifico è uguale. Un classico è la zampa di cavallo.
IL POMOLO E LA GHIERA
Il colore delle parti in metallo della frusta deve essere simile al ferramenta della carrozza e alle fibbie del finimento quindi materiali “bianco” o “giallo”, io uso solo argento o alpacca per il colore “bianco” e ottone dorato per il “giallo”. I maestri incisori che ho conosciuto nel tempo, aggiungono la loro arte per un tocco di classe.
IL “CORDONE”
Nel passato la pelle più usata era quella di cavallo conciato al cromo, questo dava resistenza e il classico colore chiaro. Il cromo è un “metallo pesante” molto inquinante e non più usato in conceria, così ho scelto di usare pelle di canguro conciata al vegetale. Questa pelle ha come caratteristica una forte resistenza agli sfregamenti, per questo motivo viene usata anche per le tute da motociclismo, proteggendo dalle abrasioni in caso di caduta. Le pelli devono subire ancora 2 trattamenti con specifici prodotti e 3 passaggi di taglio, per avere le misure definitive, prima di poter essere intrecciate. Il cordone deve essere conico e avere una certa rigidità data dal tipo di intreccio e dal numero di fili, che varia dai 4 agli 8, e verso la fine dell’intreccio viene inserito un rinforzo di pergamena. Nelle mie fruste difficilmente inserisco la parte finale in seta, lo sferzino, bagnandosi con la pioggia diventerebbe pesante o potrebbe restare incastrato nel finimento del cavallo, questa era l’opinione di Achenbach.
Lo sferzino è comunque indispensabile, quando si intreccia partendo dalla curva, per poter legare i fili alla fine del lavoro, ma vuole dire anche che l’intreccio è meno raffinato. La lunghezza del cordone è circa 2/3 dello stick, dovrebbe avere una lunghezza sufficiente per arrivare alla spalla del cavallo, usando la frusta con la sola rotazione del polso. Per la frusta da “tiro a quattro” esiste una tabella quasi matematica di come deve essere, ma è riferita alle fruste da Coach, con una guida molto alta e i timonieri molto vicino alla serpa. In genere il cordone è lungo un po’ di più di 3 metri. Nelle fruste commerciali, la pelle del cordone è tagliata meccanicamente, non a mano, e questo determina una lunghezza molto inferiore che deve essere compensata con la parte in legno molto più lunga rispetto alle fruste inglesi artigianali. Questo ha fatto perdere l’abilità nell’uso della frusta ai moderi guidatori. Per la pulizia e mantenimento del cordone basta usare il normale sapone inglese con spugna appena inumidita.
LA CURVA “A COLLO DI CIGNO”
Questo è l’elemento tipico di una frusta inglese, è dato dalla fusione di più elementi, le strisce di pelle del cordone, il fanone di balena, le penne d’oca della legatura. Per fare una bella piegatura del “collo di cigno” serve solo l’esperienza, la cosa più difficile per questo elemento è trovare il fanone, come l’avorio è un materiale proibito e l’unica possibilità è trovare vecchi ombrelli fatti all’inizio del XIX sec., quando non si usavano le bacchette in acciaio, ma erano fatte con il fanone. Bisogna cercare nel mercato d’antiquariato ed essere disposti a pagare molto questo materiale, ma in una frusta fa la differenza. È il fanone che dà l’elasticità al bastone della frusta, che altrimenti sarebbe abbastanza rigido.
Quando si ha la frusta in mano e la si impugna nel senso contrario alla curva di un buon “collo di cigno” disegna un cerchio. Ultimo passaggio è la legatura delle penne con “il nodo di cuoio” e poi con il filo nero, che rende il tutto più solido, e distingue una vecchia manifattura da una commerciale. A questo punto, dopo più di 30 operazioni partendo dalle materie prime, la frusta è finita. Per mantenere la frusta nelle migliori condizioni deve essere conservata appendendola a un rocchetto. Questo permette di avere sempre una buona piega della curvatura e impedisce che il legno si sì deformi perché è la forza di gravità che lo terrà diritto.
FRUSTA DI RISPETTO
È la frusta che completa gli accessori di una carrozza. Anche per questa frusta valgono le indicazioni per il colore e i materiali, come per le altre fruste. La tradizione inglese vuole che il supporto sia in legno di mogano, usato per rivestimenti nautici e mobili da giardino, in quanto non si deforma con la pioggia e l’umidità. Sicuramente è più complicata la sua costruzione, in quanto le giunture a vite non devono compromettere la conicità del legno, né la bilanciatura. Accessorio di regola nei Coach, negli ultimi anni la si vede spesso anche su altre carrozze, ma sempre attaccate a pariglia o a tandem. Non avrebbe senso una frusta di rispetto in un attacco singolo, se non quella di soddisfare l’ambizione del proprietario, in quanto anche in caso di rottura della frusta un lungo e flessibile ramo di albero, sarebbe un sostituto della terza redine e permetterebbe il ritorno a casa.
Testo e foto di Lorenzo Gatti